Dopo aver visto all’Arsenale l’Arte Africana contemporanea e paesaggi in cambiamento nella mostra Smottamenti, tutto faceva presagire un padiglione egiziano innovativo o almeno fresco e vivace. Proprio perché lo smottamento ha sì sconquassato, destabilizzato, ma anche dato una forte spinta di cambiamento all’arte in tutta l’Africa, Egitto compreso.
La curatrice Gilane Tawards ci ha permesso di apprezzare opere di Hassan Fathy, Saban Naim ,Wael Shaky e Moataz Nasr che hanno letto nella storia e saputo coniugare varie e sofferte esperienze dando una nuova visione di quel continente. Fotografia, video, installazioni, commistioni fra metodi consolidati di fare arte e innovazione tecnologica senza retaggi stereotipati e convenzionali.
Metropolitane moderne e veloci scorrono nel bel video di S. Naim davanti a persone
Purtroppo niente di tutto ciò abbiamo trovato nel Padiglione Egiziano, curato da Mostafa Abdel-Moity e rappresentato “da uno dei sui grandi artisti Ahmed Nawar appartenente alla generazione postmodernista del movimento egiziano d’arte contemporanea”. In questa 50esima Biennale, di cui tutto si può dire, fuorché sia mancato il coraggio, qui invece l’innovazione e l’intraprendenza verso una modernizzazione non hanno fatto nemmeno capolino. Scontata l’idea, scenografico ma banale l’allestimento, molta retorica e poca arte. Il bene e il male, identificato nel sogno positivo e nella libertà fa da contrappunto all’autorità di menti malvagie e corrotte e la presenza di incubi ossessionanti che hanno condotto a distruzioni e disastri…., come il curatore ci introduce nella presentazione dell’opera. L’uomo è disorientato dalla guerra e dal processo di
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Un "mito" la colomba sulla tastiera del computer...
Come diceva un visitatore ...brutto, così brutto che è quasi bello...
stroncatura esagerata. ho visto di molto peggio. il problema è la retorica del comunicato stampa che cerca troppo di 'spiegare' ed amplifica l'effetto kitsch (che indubbiamente c'è ma può anche creare un sistema di riferimenti interessanti).