«Sostenevo che i quartieri popolari non dovevano più essere miseri, stereotipati e tristi; che non era giusto che i nuovi abitanti, per vivere in città, dovessero essere obbligati ad abitare in alloggi più miseri rispetto a quelli della campagna o dei paesi da cui provenivano; che gli alloggi dovevano migliorare, modernizzarsi, adeguarsi al loro stile di vita, e che era impensabile conservare le stesse norme del dopoguerra; infine che era assurdo ed immorale calcolare l’ammontare dell’affitto in funzione della superficie e delle “qualità” dell’abitazione (numero delle finestre, delle stanze da bagno…): questa legge, detta della superficie corretta, era un’incitazione a costruire abitazioni piccole e di scarsa qualità architettonica in modo che fossero a buon mercato.
Nemausus è nata in questo contesto, dall’ambizione di architetti che volevano abitazioni più grandi allo stesso prezzo, proclamando la quantità di spazio come nuovo criterio estetico architettonico e della qualità della vita, dimostrando l’assurdità della superficie corretta»(4)
Ho sempre considerato questo edificio progettato da Nouvel denso e affascinante, carico di bellezza e di senso dello spazio tale da condizionare la vita “dentro” e la vita del quartiere intorno.
Questa volta si tratta di fare riferimento all’abitare come alla possibilità di estendere il proprio dominio fisico alle cose, agli oggetti intorno, appropriazione di uno spazio per le proprie esigenze di vita, quelle più basilari, da sempre. Le innumerevoli sequenze che durante la mostra evidenziano dell’edificio stato di fatto, conservazione, modalità del vivere “dentro” sono eloquenti in questo senso.
Patrizia Mello
[exibart]
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