Venti momenti sospesi durante un giorno d’aprile. Siamo al neo superponte di Reggio Emilia -progettato da Santiago Calatrava– e gli scatti risalgono alla fase finale dei lavori, a struttura finita, ma verniciata solo in parte, nel contrasto con il grezzo acciaio delle travi. Spazio Sessantadue, Reggio Emilia è il titolo della serie di opere che compongono l’inedito progetto di Lorenza Lucchi Basili (Pescara, 1964) nell’ambito della seconda edizione di Fotografia europea a Reggio Emilia. Come nei cicli precedenti della coerente ricerca dell’artista -qui il sessantaduesimo– si indaga l’architettura attraverso inquadrature di particolari senza svelarne la forma completa, anzi, creando nell’installazione uno spazio immaginario che fa emergere un’altra prospettiva oltre a quella progettuale. Lo sguardo fotografico coglie nei dettagli le linee essenziali e rivela valenze e forze simboliche nascoste ma potenziali dell’opera architettonica. Lorenza Lucchi Basili si confronta con le strutture postmoderne più rappresentative, estrae dall’artificiale atmosfere pure, sospese, dell’intervento umano sul paesaggio e sulla città.
Il ponte ad arco colpisce per l’effetto naturalmente scultoreo della struttura portante. Nel suo stile spettacolare, Calatrava abbina i rigidi principi dell’ingegneria con un design funzionale ma organico e futuristico. L’artista entra nel corpo della costruzione e indaga la sua forma scegliendo più volte la prospettiva dall’interno dello scheletro evidenziandone l’immensa profondità. Si cala nell’opera con sguardi dal basso verso l’alto e scorci prospettici insoliti che ingannano lo spettatore. L’uso di una pellicola a bassa sensibilità intensifica la luce magica dell’atmosfera padana nell’effetto sgranato delle stampe, dando loro una forte connotazione pittorica, senza peraltro nessuna manipolazione successiva della pellicola.
Il ponte, così svincolato dalla “funzione”, è ri-tratto fuori dalle coordinate fisico-spazio-temporali. Il gioco di luci e colori, il dialogo fra ombra e bagliore si mescolano in un’armonia tra reale e metafisico che rimanda a volte al rigore di Robert Ryman. Negli scatti a colori –e quando il bianco della costruzione si amalgama con quello del cielo lattiginoso sembrando quasi un bianco e nero- l’artista condensa la carica estetica e simbolica dell’architettura.
Bello anche l’allestimento in due sale dello spazio KM129 (l’ufficio tecnico-espositivo della documentazione del progetto di Calatrava): le grandi foto montate su lastre sono appese nel modo classico nella prima, mentre nella seconda sono distese sugli ampi tavoli da progettazione o inserite nella grande libreria vuota. Un’installazione che evoca schizzi e progetti di un utopistico studio d’architettura da sogno libero dalle mediazioni e i compromessi del quotidiano.
Una meditazione sul ponte dormiente prima dell’arrivo del frenetico ritmo autostradale e dell’alta velocità che regalerà a Reggio Emilia un nuovo accesso al mondo. Ora e qui c’è un momento di quiete irrecuperabile. Una specie di limbo nel caos. La macchina fotografica dell’artista lo ha colto portando alla luce queste immagini suggestive che offrono la possibilità di svincolarsi dal mondo reale per un istante.
claudia loeffelholz
mostra visitata il 27 aprile 2007
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