Skin of the nation, antologica di Shomei Tomatsu (Nagoya, 1930), racconta la storia del Giappone sin dal periodo postbellico, quando era una nazione traumatizzata e alla ricerca di nuova identità. La vita di Tomatsu attraversa quest’epoca di scosse che ogni giapponese vive sulla propria pelle: dalla società chiusa e tradizionale in cui nasce, alla guerra finita tragicamente ad Hiroshima e Nagasaki, fino agli anni Sessanta con l’occupazione americana durante il conflitto in Vietnam e l’occidentalizzazione del Giappone. Eventi incisivi e impronte incancellabili, in immagini che portano in superficie i grandi cambiamenti politici, economici e culturali.
Tomatsu inizia a fotografare negli anni Cinquanta. La fotografia diventa la chiave per superare la propria timidezza e avvicinarsi alle persone, trasformandosi nell’elemento centrale della sua vita. I suoi primi lavori girano intorno alla quotidianità di un Paese segnato dalla povertà postbellica: la scarsità di abitazioni (Home), i contadini colpiti dall’alluvione (Floods and the Japanese): sono documenti autentici di un’epoca, momenti intensi e ricchi d’atmosfera da cui emerge una poesia autonoma.
È già uno dei più importanti fotografi giapponesi quando gli viene commissionato un reportage sugli effetti e i sopravvissuti a 15 anni dallo sgancio dell’atomica su Nagasaki. Un impegno delicato. Nasce la famosa serie 11.02, l’ora dell’esplosione, l’istante in cui il tempo e la vita si fermano. Sono immagini sconvolgenti. Tomatsu si avvicina all’orrore dell’inferno nucleare e rende bruciante la crudeltà della bomba nelle foto dei sopravvissuti -le tremende ustioni sulla pelle e nell’anima delle persone di cui racconta con grande discrezione la vita post-nucleare- o in nature morte come quella dell’orologio fermo o i resti di una bottiglia di birra fusa, disciolta dal calore dell’esplosione (che ricorda un feto, un corpo in mutazi
La serie Chewing Gum and Chocolate, ritratto delle conseguenze dell’americanizzazione, evidenzia il crescente odio per l’invasore militare e al contempo l’attrazione per la cultura occidentale, dal consumismo da Coca Cola alle mode hollywoodiane. Sembrano lontanissimi il Giappone dei samurai e dello Shinto e quello del boom economico con le sue contraddizioni. Questi i temi della serie Shinjuku, nome del quartiere di Tokyo dove esplodono le tensioni del Sessantotto. Shinjuku è il centro più vitale -teatri e bordelli, bar e vita notturna- e diventa il palcoscenico delle proteste violente degli studenti contro il governo che concede agli americani le basi militari per la guerra in Vietnam (Protest) e della sessualità libera (Eros). Tomatsu esplora così le tensioni del Giappone, tra archetipi e nuove aspirazioni, in un bianco e nero di grande intensità.
Nelle opere degli anni Settanta e Ottanta l’artista perde l’ossessione della documentazione e del reportage e introduce anche il colore: The Pencil of the Sun –una serie di foto fuori dal tempo e dalla storia- sono attimi di magico equilibrio fra uomo e natura, fra tradizioni e presente, con una visione fortemente lirica e simbolica. Come in Cherry blossoms, in cui si dedica al vecchio mito della fioritura dei ciliegi, ritraendo l’identità giapponese con le radici immerse nel cambiamento.
Nell’ultimo capitolo del percorso espositivo, Skin of the nation, queste immagini sono raccolte insieme ad un altro scatto della mostruosa bottiglia, qui decontestualizzata e a distanza divenuta parte del percorso storico del Giappone, che come una Fenice, è risorto a potenza mondiale.
claudia loeffelholz
mostra visitata il 20 maggio 2007
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