Da sempre legata all’Impero Asburgico, Modena volge lo sguardo alle tecniche fotografiche e ai soggetti ritratti negli scatti della Vienna cosmopolita di fine Ottocento, tra Belle Epoque e sentori di Grande Guerra.
Nella corsa imprenditoriale e nell’arricchimento generale, la classe media si distingue e prende sempre più coscienza di sé, vantando possedimenti che non hanno nulla da invidiare a quelli nobiliari. Il borghese sceglie un mezzo come la stampa d’immagini per esprimerlo, forse perché già riconosce in questa nuova tecnica, introdotta da Niépce e Daguerre in Francia un trentennio prima, un potente mezzo di comunicazione e promozione.
Il ricco commerciante quindi utilizza i calotipi e poi dalla metà dell’800 le stereoscopie per farsi conoscere: immagini molto più economiche dei vecchi dagherrotipi perché facilmente riproducibili. Commissiona dunque a fotografi di professione il compito di creare quasi un biglietto da visita, una sorta di banner, che pubblicizzi con immagini l’impresa commerciale e la posizione occupata in società. Il borghese viene ritratto davanti ai suoi tesori faticosamente guadagnati: i suoi palazzi, che non per nulla rispettano gli stilemi architettonici nobiliari, i suoi strumenti di lavoro, la sua servitù, il suo quartiere, come solo un genitore orgoglioso potrebbe fare mostrando il proprio figlio. (Residenza del grossista turco, di anonimo, ca. 1863; Abitazione del mercante di carbone in Kantgasse, 6 di Carl Haack , ca. 1871).
Siamo ben lontani dalla fototessera di Franco Vaccari o di Andy Warhol, ma già l’automatismo fa capolino, anche tra gli abiti e i cappellini della neonata Ringstrasse di Vienna.
Accanto alle immagini di rito, che vedono i membri dell’impero asburgico impegnati in manifestazioni ufficiali, come all’ingresso dell’esposizione della società fotografica (R. Lechner, 1904) e alla messa militare davanti al municipio (R.Lechner, 1900), cominciano ad apparire fotografie sotto forma di vere e proprie cartes-de-visite, immagini, cioè che chiunque, anche il borghese piccolo piccolo, può permettersi di acquistare e conservare in tasca o nel sécretaire del salotto e che evocano luoghi cari o curiosi personaggi “tipici” della Vienna di allora: Sul vecchio Naschmarkt (Carl Haack, 1870); Le venditrici di asparagi al Neuer Markt (anonimo, 1905-1910); Il Venditore di pretzel e Il Venditore di oroscopi nei pressi della cattedrale di Santo Stefano (anonimo, ca. 1912).
Ma come in ogni metropoli, anche la classe indigente non può mancare. Le immagini che ritraggono i senzatetto ammassati all’interno delle fogne della città sono mortificanti, soprattutto se paragonate ai lieti momenti di svago all’ippodromo (R. Lechner 1900) o al Volksprater Viennese (Viktor Angerer 1887). I poveri sono ritratti in stato di abbrutimento in spazi angusti (Dormitorio e Cucina di dormitorio di Herman Drawe, 1904). Il fotografo, che li dipinge in tutta la loro miseria, non lo fa tuttavia a scopo di denuncia, ma con approccio documentaristico o filantropico: i proventi delle vendite delle immagini sarebbero stati utilizzati per nutrire i vagabondi.
Questi sono gli anni di grande ascesa economica per la Vienna capitale: anni di fermento economico e culturale in cui la “furia demolitrice” dilagante, frutto di sconvolgenti scelte urbanistiche, fa scomparire una vecchia Vienna per farne nascere una completamente nuova, cosmopolita. Nulla però, anche la miseria più nera, che regnava sotto le strade, avrebbe potuto intaccare lo stato d’animo diffuso di quegli anni: l’impero Asburgico aveva tutti gli obiettivi puntati su di sé.
alessandra cavazzi
mostra visitata il 9 settembre 2006
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