Di primo acchito sembrerebbe una
pittura di paesaggio, e in parte lo è. Ma non del tutto. Le città prendono
forma tra le nebbie del passato, ma anche nel processo di riconoscimento che
compie lo spettatore, attraverso la presentazione di scorci “icona” nell’immaginario
collettivo (un trullo, l’Arengario, via Ventura per gli amanti dell’arte, Villa
Medici a Roma) o appiattendo la terza dimensione nei meandri di una carta
geografica trasformata, nel frattempo, in un arabesco.
L’artista non lesina indizi e ci
dà una ulteriore chiave di lettura, ricostruendo i tratti distintivi di ogni
singola città (ma anche quanto da lui appreso nel corso della propria
permanenza) e una personalissima storia dell’arte, nella quale sfilano, mai
esplicitamente – strizzando l’occhio al visitatore edotto – le esperienze
artistiche che maggiormente lo hanno influenzato, introducendo nell’opera più
temporalità.
Un Paesaggio con veduta
(Bologna I) è l’occasione per raccontare l’equilibrio classico e le
presenze fantasmagoriche di Giorgio Morandi. Non solo, il riquadro
morandiano dialoga, senza alcun imbarazzo o riverenza, con scampoli di opere
del passato di De Marco, finestre di “software” svuotate del
contenuto originario. Un Paesaggio con veduta (Lecce III) è meno
esplicito nel suo richiamo all’Impressionismo, che compare unicamente nella
tecnica adoperata nella trattazione della superficie, tralasciando qualunque –
d’altronde inesistente – connessione di tipo storico; che ritorna invece nel
legame stipulato in un Paesaggio con veduta (Milano II) con la poetica
di Segantini e nelle atmosfere alla Constable che avviluppano lo skyline
di Londra, fino alle vedute shocking di Roma che sembrano fare eco agli
smalti di Mario Schifano, pur senza dimenticare di dar voce agli
immancabili Fori Imperiali (Paesaggio con veduta (Roma III).
Tuttavia, in quest’incontro
colto fra arte e spazio fisico, la terza dimensione si annulla nella proposta
di tavole sinottiche, dove presente, storia e racconto biografico coesistono e
viaggiano su tre linee parallele. Assumono, fondamentalmente e tornando a
monte, in una versione inedita, ma coerente con la poetica dell’artista, i
contorni di un paesaggio – di una topografia – che non è reale né tantomeno
interiore. È virtuale, ha i connotati del “motore di ricerca” e della
“consultazione online”, dove diverse finestre convivono e raccontano
una nuova percezione dello spazio. Una storia a sé. Non sempre in continuità
con quanto si svolge altrove, su un’altra apertura, in un altro scorcio.
D’altronde a volte, in fondo, si tratta solo di un pop-up.
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santa nastro
mostra visitata il 20 novembre
2010
dal 20 novembre 2010 al 27 febbraio 2011
Flavio de Marco – Vedute
Collezione Maramotti – Max Mara
Via Fratelli Cervi, 66 – 42100 Reggio Emilia
Orario: giovedì e venerdì ore 14.30- 18.30; sabato e domenica ore 9.30-12.30 e
15-18 (chiuso dal 1° al 25 agosto)
Ingresso libero
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. +39 0522382484; fax +39 0522934479; info@collezionemaramotti.org; www.collezionemaramotti.org
[exibart]
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