Alla sua prima personale, curata da Guido Molinari, allo Spazio Aperto –che si conferma luogo attento alla giovane arte italiana e in particolare dedicato alle nuove presenze artistiche nel territorio– il giusto riconoscimento a Pierpaolo Campanini, tra gli artisti più interessanti nell’utilizzo del mezzo pittorico con soluzioni nuove e inaspettate, senza veicolare una figuratività di matrice neoconcettuale fine a sé stessa o referenziale rispetto al reale, ma legata all’immaginario contemporaneo e lontana da quel realismo mediale che negli anni scorsi ha riscosso ambigue fortune.
Campanini è nato a Cento (fe) nel 1964, dove vive e lavora, e persegue sin dagli esordi un percorso coerente e in bilico tra pittura e fotografia, realtà e finzione. Dai modellini dei Lego agli ultimi sviluppi della sua ricerca. Con immagini fredde, sintetiche e formalmente maniacali, frutto di una tecnica elaborata – sia per la presenza della pittura ad olio che per una processualità singolare. In questi ultimi lavori (legati ad una strana storia, di ritrovamenti di meteoriti, avvenuta nel bolognese intorno al 1824),
E Campanini costruisce realmente i suoi oggetti, come avveniva nelle copertine dei giocattoli smontabili dei suoi primi interventi accompagnati da un sonoro simile al rumore bianco e sempre abilmente simulati. I nuovi aggregati polimaterici non sono rielaborazioni computerizzate, nonostante la parvenza cristallina ‘ad alta definizione’, ma assurde concrezioni che l’artista crea, poi fotografa e successivamente dipinge in un processo lungo ed elaborato. Sottolinea questa modalità la soluzione espositiva che mostra i tanti scatti
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Il fatto che Campanini fosse praticamente estinto e che poi, magicamente, sia resuscitato proponendoci perfino una mostra alla GAM, mi riempie di speranza per il futuro.
..aspetta e spera!