Elaborazione
di un imprinting, non ricerca del bello, “il
concetto di bello nell’arte non fa riflettere”, così si esprimeva il ragazzo
di bottega di una tipografia che voleva essere artista. Che si trasferisce a
Parigi, dove farà il decoratore di scenografie teatrali e conosce Pasolini, Callas, Zeffirelli, che
espone con Fontana e Dadamaino, ma la sua ansia creativa
esplode in un piccolo paese, lontano da luci e rumori del mondo: in compagnia
del punto, emblema di ogni arrivo, di ogni partenza.
L’antologica,
propone il lavoro di un artista che ama essere libero, che dialoga con l’essenza
della materia, che guarda a Spazialismo e arte concettuale per assumere
autonomia e caricarsi di originalità. Annullerà codici e strumenti dell’arte
tradizionale, per realizzare una serie di opere, con fustella e martello, dove
il punto è protagonista: l’immagine della parte posteriore del martello,
introiettata nel laboratorio del nonno ciabattino, viene fustellata e
strutturata con ordine geometrico, i lembi dell’intaglio creano percorsi
sinuosi e il ritmo si tramuta in visione.
Nelle
opere di questo coraggioso autore, innamorato del tango, traspare il fluire del
pensiero, il percorso di una vita che aspira all’armonia, a quella semplicità
apparente che fa ricorso a leggi matematiche e della percezione visiva. Ed è
allora che ricorre al rapporto figura-sfondo, nel momento in cui, in un
polittico di quattro tavole, una struttura quadrata di punti fustellati, posta
sullo sfondo bianco di diverse dimensioni, crea quell’illusione ottica per cui
la stessa struttura appare più piccola in relazione a uno sfondo più grande.
Nella
serie Prevalenze il punto ritorna,
come rassicurante oggetto transizionale, coperta di Linus che l’artista porta
sempre con sé: più piccolo o più grande, collocato in una struttura dove anche
il colore cambia. Sarà l’occhio a privilegiare l’una o l’altra fila di punti
neri in verticale, o quella del colore giallo.
Nei
primi anni ‘80 si cimenta con il colore misurato, non senza un pizzico di
provocazione e ironia, quando per lui è sufficiente una quantità di colore per
divenire pittura. Immersione è la
superficie calata nell’azzurro, che evoca incontaminate profondità marine. E
del pensiero. Poi, monocromie stese sulla tela con gesto veloce, fino a quando
il colore stesso, indurito, diviene autonomo, per abitare sulla parete bianca e
salire sempre, più in alto. Geografie,
e compare il polietilene, nella serie dove fogli colorati, sovrapposti e
ritagliati, danno origine a delicate trasparenze: sintesi di un modo di
guardare all’arte, alla vita. Trasparenze, che, successivamente riformula sulla
tela, attraverso la sovrapposizione di colori, per dare origine a uno sguardo
sul mondo, dal tocco intimo e leggero.
mostra visitata il 27
novembre 2010
dal 6 novembre 2010 all’otto gennaio 2011
Antonio Scaccabarozzi – Antologica 1965-2008
a cura di Alessandro Pasotti e
Fabrizio Padovani
P420
Piazza dei Martiri, 5/2 (zona Mambo) – 40121 Bologna
Orario: da mercoledì a sabato ore 15-20 o su appuntamento
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0514847957; mob. +39 3205635213; info@p420.it;
www.p420.it
[exibart]
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Bella mostra, belle opere.
Peccato che pur parlando nella recensione delle opere il cui protagonista è il punto, le due foto della recensione sono di altro genere; squilibrando la percezione visiva con la lettura.
m.