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resoconto | Art for art’s shake | Bologna, Palazzo Zambeccari

di - 13 Febbraio 2007

Nessun ghetto lesbico, nessun covo delle streghe di Macbeth, ma un luogo dedicato alle idee di giovani artiste nazionali ed internazionali, che mirano a discutere, in progetto giunto alla sua seconda edizione, lo status quo e le condizioni di vita della donna.
E così una volta varcata la soglia, si è catapultati nella sala principale del Palazzo Zambeccari, sede della rassegna, nella cui abside di fondo è perfettamente proiettato, come un’apparizione onirica, il viso di Elisa Laraia (Potenza, 1973; vive a Bologna). Ci guarda e piange; le sue lacrime, vere e non semplice effetto sonoro e visivo, cadono in un’artigianale fonte battesimale, simbolo di rinascita dalla sofferenza. L’effetto è sicuramente disorientante anche perché interviene la tridimensionalità della lacrima che gocciola lambendo quasi il corpo dello spettatore certo fino all’ultimo istante della bidimensionalità dell’opera.
E ancora sofferenza con Regina José Galindo (Città del Guatemala, 1974), che ripropone l’opera che le ha fatto guadagnare il Leone d’Oro nella sezione under 35 alla Biennale d’Arte di Venezia del 2005. Golpes (2005) consisteva allora in un box nero, ora in una microscopica e claustrofobica stanza buia in cui lo spettatore è invitato ad entrare per udire ancora una volta i gemiti di sofferenza dell’artista che si auto-flagella: una frustata per ogni donna guatemalteca caduta.
El peso de la sangre (2004) è il secondo lavoro della Galindo in mostra, un video che ancora una volta non smentisce l’intento della giovane artista di scuotere lo spettatore: Regina siede sotto un tubicino dal quale goccia dopo goccia cade ininterrottamente sangue umano. Ben presto il suo viso e i suoi capelli vengono letteralmente inzuppati del liquido organico e l’effetto drammatico che risulta dalla successiva e graduale coagulazione rende l’immagine raccapricciante.

Maria Adela Diaz (Guatemala, 1973) nel video dal titolo Bordeline si fa riprendere mentre è rinchiusa dentro una cassa di legno che viene lanciata in mare in ricordo dell’instabilità della condizione degli immigrati, costretti in spazi angusti a resistere ai tremendi disagi in nome di un futuro migliore.
Jessica Lagunas (Nicaragua, 1971) si sofferma sulla condizione delle donne e gli stereotipi che continuano a sopravvivere intorno ad essa. Impicca un paio di scarpe a spillo rosse per suggellare la morte di una femminilità imposta dal mondo maschile. Sugli standard di bellezza, anche Dacia Manto (Milano, 1973) dice la sua con la sua lunga treccia luminosa che è allo stesso tempo un cappio, una fune, una frusta, così come Tania Candiani (Città del Messico, 1974) si oppone alla violenza domestica indossando comuni oggetti di cucina come fossero armi di difesa o di attacco.
Violenza sulle donne dunque, che diventa tuttavia il disagio di tutto il genere umano. L’occasione è preziosa per denunciare e discutere di questo aspetto della società. Giovani artiste agguerrite riescono ancora a restituire uno sguardo immediato e fresco su una tragedia tanto antica come quella dell’emancipazione e della parità dei sessi. Nessun ghetto, quindi ma un’occasione di confronto in uno spazio cittadino ancora una volta non convenzionale.

alessandra cavazzi
mostra visitata il 25 gennaio 2007


Art for art’s shake – 25 – 31 gennaio 2007
Palazzo Zambeccari, Via Farini 13/a, Bologna
Info: www.artforartshake.cominfo@artforartshake.com
tel. 051.649.37.72 – 347.72.42.199 – fax. 051.4070575


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Visualizza commenti

  • cara Alessandra Cavazzi,
    vedo che non sei proprio buona a recensire le mostre.
    Art for shake è stata una brutta mostra, curata male e con brutte opere.
    A parte l'intervento della Moscardini (che tra l'altro neanche citi), e la Galindo (comunque stravista), il resto era poca cosa.
    E la Laraia? ma per carità: intervento pessimo.

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