Una giornata, quella del 16 novembre scorso, che ha visto alternarsi al tavolo dei conferenzieri quindici relatori di spicco in occasione dei 250 anni dell’Accademia Parmense di Belle Arti: storia e significato dell’ente fondato sotto il ducato di Filippo di Borbone, ma anche tematiche legate al valore dei suoi concorsi, ai rapporti con la Francia e con le altre realtà accademiche non solo italiane e un concerto conclusivo tenuto dalla Fisarmonica storica del Conservatorio A. Boito.
L’ultimo degli eredi Farnese, Elisabetta, nel 1732 andava in sposa al re di Spagna, Carlo di Borbone che, due anni dopo l’insediamento a Parma la abbandonava, erede del Regno delle Due Sicilie, spogliandola di arredi, opere d’arte, preziosi che seguirono il sovrano alla volta di Napoli. Fu il fratello minore del re, don Filippo, appoggiato dalla capace consorte, primogenita del re di Francia Luigi XV, Luisa Elisabetta e dal ministro Guglielmo Du Tillot, a dare inizio all’intelligente opera di ricostruzione del patrimonio ducale.
La Reale Accademia di Pittura, Scultura e Architettura veniva fondata nel 1752 con lo scopo di raccogliere e custodire le testimonianze del passato, ma anche di formare gli artisti del futuro. Non a caso, ben presto, divenne modello europeo, furono proprio alcuni suoi allievi a dare vita alla più nota Accademia di Brera, come ambiti divennero i suoi concorsi. Ad uno di questi, di pittura, nel 1771, partecipò l’allora ventenne Francesco Goya con un dipinto sul tema Il genio delle guerra addita ad Annibale, dall’alto delle Alpi, la terra d’Italia. Tra i nomi più illustri che insegnarono all’Accademia l’architetto Alexandre Petitot, autore dello stile-Parma, dal sapore neoclassico, il tipografo Gianbattista Bodoni, l’incisore Paolo Toschi.
Ricostituita, dopo la depressione napoleonica, dalla duchessa Maria Luigia, l’Accademia tornava ai fasti del secolo precedente soprattutto dopo il 1822 quando all’istituzione dell’accademia veniva affiancata una grande Pinacoteca. Entrambe, alloggiate nella mole del Palazzo della Pilotta, divennero il centro di arte e cultura della città
Fu l’Unità d’Italia a segnare l’inarrestabile declino dell’accademia che, nel 1877 veniva suddita in Collegio degli Accademici e Istituto di Belle arti, vedendosi distaccare, nel 1882, la Pinacoteca.
Veniva così segnata la fine di un ente che oggi resta a rievocare una tradizione gloriosa, ma null’altro che un nome consegnato alla storia.
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Francesca Fortunato
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