Categorie: Danza

Carnación di Rocío Molina: superare i limiti della danza

di - 19 Agosto 2022

Il suo è un corpo in continua trasformazione, capace di una metamorfosi fisica e visuale che apre a un immaginario visionario, bizzarro, carnale, che intreccia arte e vita, sacro e profano, tradizione e modernità. Appena insignita del Leone d’argento alla Biennale Danza di Venezia 2022, Rocío Molina, bailaora e coreografa spagnola, è artista iconoclasta per quella sua caratteristica di rompere con la tradizione del flamenco e, rispettandone l’essenza senza sacrificarne la purezza, ritornarvi rinnovandolo. Spinge i suoi confini nella contemporaneità della danza, sperimentando nuovi limiti. Virtuosismo tecnico e ricerca nascono da una libertà creativa audace, rischiosa, radicale, da un pensiero in movimento mosso da improvvisazioni ed esplorazioni del corpo e della mente che uniscono e attingono a diverse discipline – danza, teatro, musica -, a mondi culturali che richiamano letteratura, cinema, pittura, filosofia. Ritroviamo libere citazioni a tutto questo nel nuovo spettacolo Carnación (prima assoluta alla Biennale Danza), “una battaglia fra il suo corpo vulcanico e cinque musicisti dal vivo”, nelle parole del direttore Wayne McGregor.

Carnación by Rocío Molina : Courtesy La Biennale di Venezia © Andrea Avezzù

La mercuriale ballerina si presenta con un vaporoso abito di tulle rosa salendo e risalendo a più riprese sullo schienale di una sedia, cercando un equilibrio con posizioni sghembe, scivolamenti e cadute. Le è accanto, seduto immobile, il cantante Paco “Niño de Elche” col quale Molina ingaggerà inizialmente un corpo a corpo fisico e gestuale maneggiando una lunga corda che legherà in tutte le parti del corpo, dai piedi alla bocca, fino a sfiorare la sofferenza. Da questa scena di sottomissione che lo vedrà poi slegarsi e intonare un canto muto con una chitarra, seguono diverse sequenze tese a esplorare – secondo le intenzioni di Molina – “una ricerca intorno al desiderio come flusso psichico che dirige la pulsione verso la carne e che parte dall’intuizione che la sua origine può essere trovata solo in illo tempore”. Ecco l’uomo accompagnare la donna in una vestizione da papessa; inveire contro di lei tra una danza e l’altra; accoglierla tra le sue braccia come in una sacra Deposizione; trascinarla con un velo sulla terra polverosa del palcoscenico; colpirsi reciprocamente rimanendo frontali e immobili, poi danzare distanti; picchiarsi e abbracciarsi stretti; salire sulle spalle l’uno dell’altra. Attorno a questo rapporto di distanza e vicinanza, di cura e possesso, di veemenza e di tenerezza, di attrazione e avversione, si muove un coro, con a capo il soprano Olalla Alemán, che assume andature da processione e da arena intonando brani dello Stabat Mater di Pergolesi contaminati da suoni percussivi.

Carnación by Rocío Molina : Courtesy La Biennale di Venezia © Andrea Avezzù

E intanto, tra silenzi ed energiche accelerazioni di danza, vediamo lei denudarsi, mutare abiti, ballare percuotendosi con le braccia e le mani, battere i tacchi al ritmo del flamenco immettendovi forme nuove, duettare un furioso ballo sulle note barocche della violinista Maureen Choi, autoinfliggersi una punizione con un lento rituale bondage.

Carnación by Rocío Molina : Courtesy La Biennale di Venezia © Andrea Avezzù

Improvvisamente – e non capiamo il motivo – irrompe un cambio di registro musicale con una musica techno e uno scatenato ballo di tutti. Se ammiriamo una serie di quadri per la loro bellezza eversiva e accattivante, per l’energia della ballerina e la potenza evocativa delle sue abilità espressive che uniscono sentimenti di dolore, fragilità, penitenza, estasi, e spiritualità, il procedere della (troppo) lunga performance dai molti finali, e la sovrabbondanza di sequenze che si sovrappongono, fa perdere quel phatos che in più momenti riesce a sedurci.

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