Les Noces
Creazione coreografica impegnativa Les Noces, la deragliante e complessa partitura che Igor Stravinskji scrisse ispirandosi ai testi e ai canti popolari dei matrimoni contadini russi. Titolo arduo del Novecento storico, già nobilitato da alcune importanti versioni (dalla prima del 1923 di Bronislava Nijinska per i Ballets Russes, a quella di Bejart, Robbins, Kylian, Preljocaj, Bigonzetti, Foniadakis), richiede un coreografo/a capace di fronteggiare con sicurezza una partitura ardua da tradurre in un flusso dinamico; che sappia muovere l’energia esplosiva del movimento dentro una visione spaziale nitida, con senso della struttura e della composizione, un bell’ensemble costruendo danze di gruppo dalla forte fisicità, ma anche mosse da un continuo gioco dinamico. Una intelligente e riuscita rilettura sociologica, e poetica, sul tema del matrimonio, è questa particolare versione “derussificata” di Emilio Calcagno de Les Noces (debutto italiano a Catania, nell’ambito della stagione di danza di Scenario Pubblico) della sua Compagnie ECO.
Siciliano d’origine ma francese d’adozione dal 1989, Calcagno non segue il modello primo della genesi di Les Noces, ovvero quel rito di due giovani spauriti che si fanno sposi per il volere delle famiglie nell’antica Russia pagana, ma lo traduce tutto al maschile immergendolo nel contesto di quella cultura mediterranea e multiculturale della quale da sempre egli nutre interesse.
Qui sono dieci interpreti algerini intenti nel rituale della preparazione al matrimonio, dieci potenziali sposi alla vigilia, che incarnano possibilità, attese e fragilità. Le nozze non appaiono mai: sono un’ipotesi, un orizzonte, una scelta che resta aperta. «Tra matrimoni combinati o unioni d’amore, cosa attraversa realmente la mente di un uomo?», si chiede Calcagno. Temi come identità, collettività, tradizione, libertà, calati nella dimensione maschile, affiorano con forza nella danza relazionale dei corpi dei bravissimi danzatori vestiti inizialmente con completo grigio e maglia bianca.
Tolta poi la giacca e rimasti con la canotta, la virilità diventa manifestazione di identità. Tra pose di attesa appoggiati alle pareti, distesi a terra o in passerelle con le mani in tasca; tra combinazioni circolari e rituali festosi, andature lente e laconiche, scatti energici e passi riluttanti, si creano tensioni, attese condivise, complicità di gruppo, di coppie e terzetti, esaltazioni di uno ed esclusioni, improvvise derive di potere e gesti protettivi, brevi scontri e riavvicinamenti, che svelano stati d’animo, paure, sogni, inquietudine, solidarietà.
Scorrono movimenti di mani di braccia e di gambe che accennano a posture riconducibili ad una matrice urban, contaminazione di street dance e contemporanea che qui trova una peculiare poetica. L’euforia corale che attraversa il finale festoso, si placa lasciando in scena un solo uomo, mentre gli altri, in fila, di spalle, indietreggiano fino a scomparire. Sarà lui lo sposo predestinato?
Calcagno ha lasciato la struttura in quattro quadri de Les Noces e rispettato lo spirito celebrativo del racconto con tutto il suo rituale; ma soprattutto ha concepito una coreografia che va incontro alla partitura musicale e ne esalta il vigoroso e martellante gioco ritmico attraverso una danza di (apparente) sfrenata impulsività.
Stravinskij aveva utilizzato con libertà i temi nuziali del folklore russo per sperimentare nuove potenzialità timbriche e ritmiche nate dalla fusione tra canto e strumenti. La fisicità della musica si confà con l’energia dolce e virile dei dieci danzatori in scena della Compagnia ECO.
La capacità di visualizzare col linguaggio del corpo la loro umanità e cultura è ben espressa anche nella prima coreografia del dittico, Soyez les Bienvenus, spettacolo di apertura della serata catanese. Quell’espressione di saluto del titolo, segno d’accoglienza algerina dello straniero, racchiude un intero universo culturale: apertura, curiosità, ospitalità, ma anche una forma di riservatezza che lascia spazio all’altro senza mai invaderlo.
Sulla musica pop elettronica, dai ritmi pulsanti e intimi, del compositore franco-algerino Malik Djoudi, otto uomini e una donna raccontano con la danza la giovane generazione algerina, un ritratto sensibile e plurale della loro realtà fatta di aspirazioni, fragilità, immaginari, ma anche discrezione, pudore e dignità, una gioventù che tra desideri, limiti, ambizioni e futuro immaginato, cerca spazio, libertà e riconoscimento.
La scena si apre con dei coni di luce che illuminano i singoli. Dicono parole e frasi per parlare di sé. Si ritrovano poi in gruppo creando situazioni con le mani sulla bocca che vorrebbero impedire di parlare. Liberandosi si attivano in assoli, duetti, coralità, camminate in orizzontale e corse all’indietro, rotolamenti a terra, accerchiamenti verso la donna che respinge l’uomo. Creano incontri e intrecci dove si osserva e si è guardati, marcando uno spazio da dove ci si allontana e si ritorna portando ciascuno, infine, un borsone di plastica deposto in proscenio: oggetto comune, scrigno di memoria, di storia, di presente e di futuro.
Il dittico Les Noces e Soyez les Bienvenus sono il risultato di un progetto biennale di incubazione coreografica chiamato Yalla! Danse – creato da Emilio Calcagno insieme a Rosada Letizia Zangrí – che ha coinvolto per due anni un gruppo di venti danzatori e danzatrici provenienti dall’Algeria, dodici dei quali hanno partecipato alla creazione del balletto.
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