Categorie: Design

design_opinioni | Oggetti immediati

di - 12 Marzo 2009
A volte s’impazzisce a trovare un oggetto d’uso comune perché etichettato come prodotto di “design”. Le accuse mosse al design di essere diventato un settore di nicchia per una ristretta élite non sono del tutto infondate. Lentamente, il disegno industriale si è staccato dalle sue origini popolari e democratiche per diventare un diritto di pochi. Non soltanto dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto da quello della comprensione del prodotto. Se si fatica a trovare un oggetto di design, se un certo prodotto è messo in vendita solo in particolari negozi, è perché si dà per scontato che il design possa essere compreso solo da persone con un determinato retaggio culturale.
Gli oggetti di design non sono sempre immediati; alcuni hanno bisogno di una spiegazione allegata per poter essere compresi dai non addetti ai lavori. È possibile ritornare a un design “democratico”, che non abbia bisogno di istruzioni per l’uso per arrivare a tutte le persone?
I maestri del design avevano indicato fin da subito quale fosse la strada da perseguire nella progettazione. Basti pensare al Good Design di Bruno Munari, che rintracciava nelle fattezze di frutta e verdure la perfezione della forma, o al monito di Achille Castiglioni: “Se facciamo un parallelepipedo, facciamo un parallelepipedo più semplice”. La semplicità come forma di comunicazione e la chiarezza come forma di comprensione erano gli obiettivi seguiti dal design. Ma qualcosa nel corso degli anni è andato storto, e questi insegnamenti sono stati dimenticati per strada. Fortunatamente non tutti i moniti sono andati perduti e, come sono stati mossi i primi passi per un ritorno al design democratico dal punto di vista economico, qualcosa si sta muovendo anche verso la comprensione degli oggetti.
Naoto Fukasawa, consulente dal 2001 per Muji e fondatore dello studio giapponese ±0 (Plusminuszero), nonché collaboratore di aziende quali B&B Italia, Driade, Magis, Artemide, Danese, Boffi, è un esempio in questo senso. La filosofia su cui si basa la sua progettazione è infatti quella di eliminare le istruzioni d’uso e di creare oggetti che comunichino semplicemente con la loro forma. Jasper Morrison ha così commentato il lavoro di Fukasawa: “La grande capacità di Naoto è combinare umorismo, concetto e funzione in un prodotto che appare immediatamente e naturalmente utilizzabile senza bisogno di istruzioni“. La sua ricerca ha investito tutti i generi di prodotti, dagli oggetti d’uso comune, in cui ha reso la forma e la funzione ancora più pure, agli oggetti tecnologici come i cellulari e i cd, di cui ha semplificato a tal punto le funzioni da rendere veramente inutile un manuale d’uso, fino a dei divertenti sistemi di packaging per succhi di frutta in cui il cartone con le sembianze del frutto rende inutile una qualsiasi etichetta.
Un altro esempio significativo è costituito dal gruppo tedesco Authentics, che, in collaborazione con designer di livello internazionale, sviluppa e produce oggetti di uso quotidiano semplici e funzionali. Alcuni prodotti per le forme essenziali ricordano i prototipi nati durante gli anni di Ulm, altri, completamente innovativi, come il cucchiaio Eiko per preparare e servire l’uovo sodo, mantengono intatta un’immediatezza essenziale che comunica l′uso dell′oggetto senza ulteriori filtri cognitivi.

Non occorre però andare oltreoceano per trovare prodotti di design democratico, perché proprio in Italia abbiamo un eccellente esempio in questo campo, che non si rivolge a svariati tipi di furniture ma a semplici prodotti di uso comune: il progetto Eureka Coop, coordinato da Giulio Iacchetti. Indipendentemente dal fatto che questo progetto sia stato più volte menzionato come esempio di design democratico dal punto di vista economico, non bisogna dimenticare che è anche un ottimo progetto democratico nel senso che qui vogliamo approfondire di design senza istruzioni d’uso. Gli oggetti, messi a punto da venti designer per Coop, partono dall’esame della forma classica e standardizzata dei comuni oggetti domestici, per migliorarli dando loro delle funzioni aggiuntive che erano come dormienti negli oggetti stessi. E non occorre nessun foglietto illustrativo per capire che la rientranza della bacinella per bucato serve ad appoggiarsela su un fianco, o che il foro in una spugna per piatti può essere utilizzato per appenderla al rubinetto, né tanto meno occorrono istruzioni per i feltrini, il sapone per bucato o il battipanni dalla forma elegante. Oggetti immediati, comprensibili e allo stesso tempo belli e migliorati: è questo che si intende qui per design democratico.

Se si osservano attentamente marchi come il già citato Muji, Ikea e brand italiani come A di Alessi, si scopre che cercando di raggiungere l’accessibilità economica spesso si raggiunge anche l’accessibilità intellettiva. Le due caratteristiche sembrano essere una l’effetto dell’altra, perché, per ottenere una diffusione popolare, è importante rendere accessibile un prodotto sia dal punto di vista del costo, ovvero dell′effetto “me lo posso permettere”, sia dal punto di vista della comprensione, ovvero “lo posso capire”.

articoli correlati
Munari all’Ara Paci
Naoto Fukasawa al London Design Festival 2006
Authentics al Montevergini
Intervista con Giulio Iacchetti
link correlati
www.plusminuszero.jp
www.authentics.de
www.muji.it
www.ikea.com
www.alessi.it

valia barriello


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 55. Te l’eri perso? Abbonati!

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