Categorie: Design

design_tendenze | A me gli occhiali please

di - 2 Dicembre 2010
Scomodi, ingombranti, a volte
imbarazzanti. Gli occhiali da vista, fino a pochi anni fa, erano considerati un
ostacolo alla bellezza, una caratteristica distintiva dei secchioni, degli
sfigati. Oggi le cose sono decisamente cambiate e quello che era visto come un
difetto è quasi considerato un valore aggiunto. L’occhiale non è più un
fastidioso accessorio da indossare per vedere meglio, ma un ornamento da
sfoggiare. A cosa è dovuto questo cambiamento? Moda, arte e design hanno fatto
proprio l’occhiale da vista e da sole, lanciandolo sulle passerelle,
indossandolo e persino riprogettandolo.

Ecco allora che il timido oggetto
necessario
diventa un complemento d’arredo della persona e viene indossato
alcune volte per sfizio, altre per inseguire una moda e altre ancora per
indicare uno status o una professione. Lo ha capito Persol, azienda
italiana che si occupa di occhiali da vista e da sole dal 1917, che per
spiegare l’arte insita nell’antica professione dell’ottico ha raccolto
diciassette artisti da tutto il mondo per il progetto A work of Persol. I
giovani autori invitati hanno realizzato un’opera esclusiva per il marchio,
mostrando il loro stile più intimo, la loro personale vena artistica. La stessa
azienda si è messa alla prova come 18esimo artista. È stato possibile
apprezzare tutti i lavori ad ArtBasel 2010 e il processo creativo grazie al
libro Art in process. A work of Persol. Il volume, arricchito dalle
illustrazioni di Harriet Russel,
segue passo dopo passo gli artisti nella produzione dei lavori e dimostra come
il processo che è alla base un’opera d’arte non è lontano da quello che si
nasconde dietro un paio di occhiali. Passione, meticolosità, creatività e
invenzione sono le caratteristiche che avvicinano sempre più l’arte al disegno
industriale e il progetto Persol testimonia come le due professioni siano vicine.

Persol fortunatamente non è
l’unica azienda italiana che si è lanciata in ambito artistico: Vanni
Occhiali
– con la designer Irene
Chinaglia
– conferma da tre anni il sodalizio con Artissima per “guardare
l’arte con occhiali creativi”.
Di anno in anno, oltre a rinnovare il suo
supporto all’arte, il brand torinese varia anche la tipologia di collaborazione
con contest e iniziative culturali che si interrogano sull’affinità che corre
tra design e arte. Con il progetto Ascolta
chi scrive
Vanni ha realizzato assieme a Exibart una serie di interviste ai personaggi del mondo dell’arte e
del design e con il concorso Autofocus
il marchio torinese ha dato la possibilità ad artisti italiani di farsi
conoscere.

Non sono solo i marchi con una
storia solida alla spalle o quelli già affermati a indagare in campi
sperimentali, ma anche gli emergenti. Jplus, brand italiano molto
giovane, ha basato fin dagli esordi la sua filosofia progettuale su design,
arte e comunicazione. La contaminazione tra le discipline e la curiosità sono
le basi del lavoro dell’azienda padovana, che mantiene uno stretto legame con
il pubblico organizzando eventi e contest (vedi
il box in basso
).

Sempre rimanendo in Italia,
assistiamo a sperimentazioni e ricerca sul tema dell’occhialeria anche da parte
di singoli designer che hanno ribaltato, cambiato e rianimato
l’oggetto-occhiale.

Li ha “ritagliati” dal legno Matteo
Ragni
, che con W-eye ha realizzato una montatura la cui
particolarità risiede nelle stanghette fisse, che non si possono piegare; l’occhiale
è un pezzo unico, in tutti i sensi… La riuscita del prodotto è data dal
felice incontro tra un’azienda di lavorazione del legno e un designer o, meglio
ancora, dall’incontro tra l’antica arte della falegnameria e il disegno
industriale.

Li ha “raddoppiati” Giulio
Iacchetti
per Aspesi 1910 con il
suo modello 4 Occhi, riprendendo il nome canzonatorio che viene dato a
chi solitamente indossa gli occhiali. Il progetto è nato per ovviare ai
problemi di chi lotta quotidianamente con due paia di occhiali: normale e da
lettura, o semplicemente da vista e da sole. 4 Occhi ha una montatura
doppia con quattro lenti e, a seconda dal verso in cui lo si indossa, consente
di cambiare modello con un unico occhiale.

Tutti questi casi dimostrano che
la progettazione di un oggetto d’uso comune custodisce all’interno un elaborato
processo creativo, la scelta del materiale o la precisione dell’opera. Tutto
questo è individuabile come arte: l’importante è saperla… vedere.

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Work of Persol

Matteo
Ragni e il legno

Iacchetti
su Inventario

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goes arty

valia barriello


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 68. Te l’eri
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