Categorie: Diritto

Percentuale agli artisti: L’UE riconosce il droit de suite sulle vendite di opere d’arte

di - 24 Luglio 2001

Il riconoscimento della paternità intellettuale dell’artista è innanzitutto un affare di giustizia sociale. E’ anche per ciò che nel concetto di diritto d’autore (che in Italia è disciplinato dalla L. 248/2000 che modifica la vecchia L. 633/1941) confluiscono in verità molti altri diritti, raggruppabili, rispettivamente, sotto le categorie del diritto morale e del diritto di utilizzazione economica dell’opera. Dei diritti morali fanno parte il diritto di opporsi a deformazioni o modificazioni dell’opera, il diritto di rivendicare la paternità dell’opera, il diritto di inedito, il diritto di ritiro dell’opera dal commercio; tali diritti sono inalienabili, a differenza di quelli relativi allo sfruttamento economico dell’opera d’arte, generalmente ceduti implicitamente all’atto della transazione o cessione della proprietà fisica dell’opera. Ma dato che il valore di un’opera d’arte è soggetto a mutamenti, resta il problema del riconoscimento dei diritti spettanti all’artista in seguito alla ricapitalizzazione dell’opera stessa: un problema di giustizia sociale che pone in causa la legittimità del diritto dell’artista (e dei suoi familiari o eredi) ai frutti del suo lavoro.
Alcune legislazioni europee hanno adottato la norma del droit de suite (diritto di seguito) che stabilisce il pagamento di una quota percentuale sulle transanzioni di opere d’arte, da versarsi all’artista o ai suoi eredi quale riconoscimento della paternità della creazione; la quota percentuale consente di adeguare l’entità del risarcimento alle variazioni dei valori di mercato dell’opera d’arte. Il droit de suite ha origine in Francia e fu istituito negli anni ’20 per garantire una sorta di indennizzo per i familiari degli artisti deceduti durante la I Guerra Mondiale.
Il droit de suite è previsto in Belgio, Spagna, Francia, Italia, Germania, Danimarca; non lo è (guarda caso) negli U.S.A. (eccetto la California), in Gran Bretagna, Svizzera, Giappone e Canada. In Italia il droit de suite è stato istituito con la L. 22/4/1941, art. 144 L., e prevede una percentuale tra l’1% e il 5% per la prima vendita, in seguito tra il 2% e il 10% dell’incremento di valore.
In verità, salvo che nelle aste pubbliche, dove il droit è sempre percepito, è invalsa un po’ ovunque la consuetudine di disattendere agli obblighi di legge (Italia compresa).
La notizia è che, recentemente, il Parlamento Europeo ha varato una norma (votata con 405 voti a favore, 101 contrari e 32 astensioni) che punta al raggiungimento di due obiettivi: da un lato ristabilire, tra i paesi dell’UE, un regime di legalità, uniformando la legislazione in materia dei paesi europei e ottenendo altresì di abolire privilegi e scompensi a vantaggio di questa o quella nazione; dall’altro la norma stabilisce di unificare le tariffe a partire dal 2006. Con la nuova direttiva l’UE ha inteso riconoscere la proprietà intellettuale dell’opera fissando una quota percentuale, variabile tra lo 0.25% e il 5% in base al prezzo di vendita di un’opera, da versarsi agli artisti e agli eredi, in caso di morte dell’artista, fino al compimento di 70 anni da tale data.
Ciò, com’è ovvio, sta scatenando le ire di galleristi e collezionisti che sostengono che il provvedimento innescherà una crisi del mercato e delle vendite (per altro prevista da molti e non solo su scala europea): un’apparente norma protezionista a vantaggio degli artisti si ritorcerebbe loro contro, come conseguenza diretta della penalizzazione del collezionismo (già gravato dell’I.V.A.). Il timore più forte è che a farne le spese potrebbero essere gli artisti più giovani. Alla questione El Pais ha dedicato un paio di articoli interessanti il 5 luglio: di essi si fornisce in calce il link.
Come s’è detto e per tacito accordo, fino ad ora il droit non era quasi mai percepito e val la pena di sottolineare che la percentuale stabilita dall’UE è mediamente in linea con le tariffe già previste dalle legislazioni nazionali.
Nel 1998 Walter Santagata (in “Simbolo e merce”, edizioni il Mulino) sostiene che gli artisti non sono concordi nel riconoscere la validità del droit de suite, che li obbligherebbe, tra l’altro, a pubblicare sulla G.U. costose schede catalografiche delle opere che si intendessero proteggere. Lo stesso Santagata elenca le argomentazioni contrarie al diritto di seguito. Tra esse mi pare sia interessante la constatazione che il droit de suite, riconosciuto solo nell’eventualità di una rivendita dell’opera, farebbe dipendere il processo di valorizzazione di un’opera dalle transazioni della stessa.
Forse la soluzione ottimale sarebbe quella di rendere, in un’economia di libero mercato, negoziabili tutti i diritti legati ad un’opera d’arte, ma ciò entrerebbe in conflitto con l’inalienabilità dei diritti morali.
Una scappatoia proposta da Santagata è quella di istituire un diritto di esposizione, già in vigore marginalmente, in base ad un accordo, per alcune strutture inglesi.
La polemica sulla questione è in atto: gli economisti sostengono che la norma non intaccherà il mercato, i collezionisti storcono il naso e chiedono una compensazione, i galleristi giurano che non pagheranno i diritti.
Per quanto concerne l’Italia, credo che sarebbe ora di affrontare con decisione questa ed altre questioni relative al mercato, affinché la direttiva (giusta in linea di principio) non finisca per danneggiare la circolazione di opere d’arte. Defiscalizzazione., deducibilità dalle tasse delle spese per l’acquisto di opere d’arte, riduzione o annullamento delle tasse di successione: sono solo alcuni dei temi sui quali varrebbe la pena di interrogarsi relativamente al mercato dell’arte in Italia, per non favorire un regime di diffusa illegalità e, soprattutto, per puntare alla promozione dell’arte e degli artisti italiani (giovani e non) favorendo gli investimenti culturali e incentivando il collezionismo.


Link correlati
La notizia su El Pais
Il parere degli artisti su El Pais
Il Comunicato stampa dell’UE (IT)
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Alfredo Sigolo

[exibart]

Visualizza commenti

  • Si parla di diritti, norme, economisti, galleristi, ma l'artista crea la sua opera per amore dell'arte, perchè sa che , nel maggiore dei casi, la sua opera sarà solamente strumento di guadagno per il commercio dell'arte. L'artista vive della sua spiritualità, del suo amore del bello e per ciò che dentro di lui desidera liberarsi, questo lo gratifica. Bella la presentazione di Alfredo Sigolo.

  • Peace, Peace & Love
    si vabbè amore di quà e di la...
    ma l'artista mica deve essere buono e rimbambito !! Dovrà pur difendere legalmente parlando le proprie fatiche ! O visto che lo fa per amore, lascia che con i soldi si arrangino gli altri...cosè una sagra di beneficenza ???

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