Come e quando è nato il progetto Numero Verde?
Da qualche tempo ero affascinato dai meccanismi di “dipendenza affettiva” che legano l’uomo alla macchina e al mondo dei servizi. Mi interessavano tutte le componenti “pop” della vita quotidiana nelle quali però è percepibile una certa equivocità, una malizia di fondo. è nata l’immagine di un Numero Verde che cerca di stabilire con le persone un ossessivo rapporto di dipendenza. Insidioso, morboso, erotico. Un Numero Verde sensuale, alla ricerca di un suo pubblico da intrattenere. Il nostro amore per le macchine è sempre stato ovvio. Dobbiamo aspettarci che anche loro si innamorino di noi…
Quali sono state le reazioni dei destinatari ignari delle telefonate?
Quasi nessuno ha riconosciuto nella sensuale voce del Numero Verde un’operazione artistica, e questo ha provocato una reazione empatica e diretta. L’ invasività e la ripetitività dei messaggi ha creato un profondo spiazzamento nelle persone. Molte erano meravigliate dalla “vocina che dal telefono riempiva alcuni loro spazi vuoti ”,
C’è un rapporto molto diretto tra il concetto e l’effetto, e si avverte la mancanza della classica “cintura di sicurezza” che solitamente accompagna chi fruisce di un opera. E questo aspetto mi interessa molto. Per contro, persone che invece hanno interagito con il progetto consapevolmente, aspettandosi un legame con l’800-178968, hanno vissuto ciò che mi auguravo: una dimensione affettiva e di dipendenza “con la vocina”. Che ogni tanto chiama per sentire come stai, ha delle crisi di gelosia, comunica le proprie insicurezze, e, in preda a crisi affettive, finge di aver sbagliato numero solo per sentire la tua voce…
Sul tuo curriculum ti definisci un artista dedito ai “media invasivi”. Cosa intendi con questa espressione?
Intendo la condizione in cui si opera con quei mezzi che offrono la possibilità di avere uno “spazio espositivo” decentrato e distribuito. In questo caso lo spazio di interrelazione opera/fruitore è immateriale e trasversale, poiché coincide esattamente con il cellulare: quindi con il suo proprietario. In tal modo l’opera non riesce a separare se stessa dalla realtà (e dal privato) delle persone. Chiamo ironicamente questo spazio inesistente “la galleria psicotica”, perché è propria degli psicotici la caratteristica (patologica) di non riconoscere se stessi dal mondo esterno. Con i mezzi di comunicazione di massa, ma soprattutto con l’avvento della rete, dei cellulari e con la promessa della domotica e del wireless, si sta creando intorno alle persone uno spazio molto interessante dove è possibile compiere un interazione forte, avvolgente e imprevedibile. La galleria psicotica è la figlia impazzita di Mr.White Cube…
Come hai presentato il progetto negli spazi espositivi? E’ prevista qualche forma di installazione o performance?
Vista la complessità del progetto ho preferito un approccio diretto, chiaro ed esplicativo. Sono stato tentato da altre idee, alcune delle quali mi interessavano sotto certi aspetti, ma pian piano queste finivano per essere “il” lavoro, o peggio ancora, “un altro” lavoro. Il respiro di questo progetto non è “museabile”, e, visto che non riesce a convivere serenamente con le mura, in galleria è stato, in un certo senso, fotografato. Ci saranno alcuni pannelli che descrivono le fasi del progetto, e un computer dal quale sarà possibile ascoltare alcuni messaggi del Numero Verde. Più o meno il materiale sarà quello contenuto nel sito dedicato al progetto. In più, per fare il ruffiano (ed essere quindi in sintonia con lo spirito del Numero Verde), ci saranno degli adesivi in regalo.
Tecnicamente parlando come funziona Il Numero Verde?
1-Software IVR + TAPI.
2-Passando per un call center.
3-Dirottamento numeri/tabulato ad un PC.
4-Ridistribuzione dell’affetto attraverso linee telefoniche.
Per quanto riguarda i costi… mmm… La prossima volta progetto un 144!
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valentina tanni
[exibart]
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