“La parola è l’essenza di Internet, l’accesso principale all’uso della Rete.” Su questa convinzione si basa tutto il lavoro di Young-Hae Chang e Marc Voge, meglio noti come Young-Hae Chang Heavy Industries. Il duo, di stanza in Correa, è autore dell’ultima commissione della Tate Online, estensione in rete della Tate Gallery di Londra, lanciata in occasione di Frieze. The Art of Sleep (2006) è una riflessione ironica e disincantata sull’arte e sul mondo dell’arte, snocciolata a ritmo di jazz.
In piena coerenza con il lavoro che Young-Hae Chang Heavy Industries porta avanti dal 2000, The Art of Sleep è una semplice animazione in Flash che sviluppa, nero su bianco, un testo accompagnato dalla musica. Come nei progetti precedenti, la grafica è semplicissima, il font usato è sempre lo stesso (Monaco), gli effetti di animazione sono pochi e decisamente banali. L’immagine è negata, l’interazione assente. In compenso, il ritmo –quasi sempre incalzante– è estremamente curato, e il layout attira l’attenzione sul testo in maniera così efficace che risulta molto difficile, una volta catturati dal flusso, rivolgere altrove il proprio sguardo.
Ognuno di questi progetti è disponibile in tre lingue: inglese, francese e coreano (cui spesso se ne aggiungono altre, come svedese, tedesco, spagnolo). Una scelta che mette in evidenza la vocazione globale e la natura fondamentalmente politica del loro lavoro, che mira a sottolineare il potenziale comunicativo di internet e ad aggirare tanto la censura (un problema reale nell’area culturale in cui YHCHI opera) quanto l’omologazione culturale prodotta dall’uso dell’inglese come lingua franca di internet. In questo modo, i lavori di YHCHI si presentano come messaggi in bottiglia, lanciati da un mittente imprecisato e destinati a chiunque voglia raccoglierli.
È il caso per esempio in Cunnilingus in North Korea, che Young-Hae Chang Heavy Industries dichiara commissionato “dall’amabile leader della Corea del Nord”, il noto dittatore Kim Jong-Il: un testo di rara ferocia sul rapporto tra dittatura e sessualità, una parodia impareggiabile della retorica di regime.
The Art of Sleep è invece la risposta di YHCHI al suggerimento della curatrice Jemima Rellie di proporre alla Tate una riflessione sul mondo dell’arte. Il testo si propone come il flusso di coscienza di un insonne, disturbato dall’abbaiare di un cane e tormentato dal pensiero di dover lavorare, il giorno dopo, alla commissione della Tate. È esattamente questa sovrapposizione di fattori a produrre una serie di riflessioni polemiche sulla natura dell’arte: l’arte è inutile, tutto è arte, il sistema dell’arte è una grande cospirazione, l’estetica è morta, tutta la storia dell’arte è una bugia.
Osservazioni spesso banali, luoghi comuni che riacquistano un senso nuovo dal contesto in cui sono proposti: l’idea di una rivoluzione mancata (quella di Duchamp, che elevava a opera d’arte oggetti comuni ma nello stesso tempo vendeva Brancusi); il relativismo del giudizio (siamo sicuri che Van Gogh non fosse altro che un cattivo pittore?); il rapporto tra arte e vita (l’arte è inutile perché tutto è inutile); l’ingresso di un’opera di net art in un contesto istituzionale, e quindi il passaggio da un pubblico di fan al pubblico dell’arte; il fatto, infine, che il linguaggio di YHCHI si presti bene a riproporre, quarant’anni dopo e in un nuovo contesto, la riflessione meta-artistica della stagione concettuale.
Sul sito della Tate, il progetto è accompagnato da un testo di Mark Tribe e da una frizzante intervista in Flash con Jemima Rellie. L’intervista, intitolata The Art of Silence, è quasi un altro lavoro, molto interessante per il modo in cui fa emergere i modi della collaborazione tra i due artisti –basata spesso sullo scontro frontale– e per il modo in cui sviluppa alcuni spunti contenuti nel progetto principale: il rapporto tra arte e cultura, tra arte e responsabilità, tra artista e pubblico. E tra critica e chiacchiera…
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The Art of Sleep
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Young-Hae Chang Heavy Industries
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yeahhh, art is a fart (gh,gh!)