Categorie: exiwebart

Net Art e vendita on line: la Tate Gallery punta sul Web

di - 6 Luglio 2000

I due artisti chiamati ad inaugurare la collezione virtuale della Tate sono Harwood @Mongrel e Simon Patterson, rispettivamente autori di “Unconfortable Proximity” e ” Le Match des couleurs”.
I curatori del progetto hanno scelto di invitare un artista che da anni opera nel mondo dell’arte digitale e interattiva come Harwood, membro del collettivo Mongrel, e di affiancargli un personaggio come Patterson che usa invece il Web per la prima volta cercando di renderlo un nuovo stimolante strumento della sua ricerca. I due lavori sono stati commissionati contemporaneamente nell’intento di creare un dialogo sulla natura interattiva della Rete e sulle possibilità che essa offre alla sperimentazione artistica. L’obiettivo è anche quello di esplorare ancora una volta le relazioni tra reale e virtuale e soprattutto meditare sul ruolo dell’istituzione museale e di Internet nel mondo dell’arte contemporanea.
Il progetto di Harwood @Mongrel è on line già dalla fine di giugno (mentre “Le Match des couleurs” sarà visibile dal 12 luglio ) ed è accompagnato da testi critici di Matthew Fuller sui lavori presentati e sul ruolo e l’evoluzione della net art. Critico, scrittore e artista, Fuller è anche un membro, tra le altre cose, del gruppo I/O/D, autore del progetto “The Webstalker”, un browser che permette di navigare in un modo del tutto diverso da quello a cui siamo abituati.
http://www.bak.spc.org/iod
Le Match des couleurs , il progetto di Simon Patterson è, come recita il titolo, un vera e propria ‘partita’ tra colori, con tanto di commento registrato da Radio France dal cronista calcistico Eugène Sacomano. Il commentatore leggerà i risultati di tutte le squadre che hanno giocato nel campionato francese e assegnerà ad ogni team un valore cromatico in base all’Hexadecimal Equivalent colour system , sistema usato per la visualizzazione dei colori su Internet.
“Unconfortable Proximity” è invece una libera interpretazione del sito ufficiale della Tate che Harwood ha ricreato a suo modo con nuove immagini e nuovi contenuti, dando vita ad una stimolante versione alternativa della home page ribattezzata Tate Mongrel.

L’artista ha conservato la veste grafica e la struttura del sito originale, ma per le immagini e i testi ha attinto alle sue esperienze, alle sue letture e al suo personale rapporto con le opere e con la storia della galleria. Harwood mette sotto accusa il ruolo del museo inteso come mezzo di educazione per il popolo, specie in età Vittoriana, e contesta la concezione romantica dell’artista come genio o meglio come “cane rabbioso”, per usare le sue parole. Secondo l’artista inglese la collezione della Tate Gallery rispecchia solo in parte la storia dell’arte e della cultura britanniche perché sottoposta nei secoli ad un trattamento censorio e cosmetico atto a creare un luogo di edificazione e indottrinazione delle masse. “Ho cercato di giocare con gli ‘anelli mancanti’ della Tate’s collection, innestandovi la pelle delle persone che mi sono vicine, trascinando pezzi della collezione nel fango del Tamigi e infettandone alcuni con relative malattie. Si tratta di un risposta personale alla mentalità, all’atteggiamento culturale che ho ‘respirato’ nell’atmosfera della collezione”.
Difatti nel Mongrel Tate (http://www.tate.org.uk )potrete vedere dei veri e propri collage composti da quadri di autori come Turner, Hogarth e Gainsborough mischiati con immagini di Harwood stesso, dei suoi amici e parenti, col fango del Tamigi e con inquietanti close up di infezioni cutanee. L’opera di Harwood è un virus che dai sotterranei del museo (si tratta infatti solo di opere rinchiuse nei depositi, fotografate con una macchina digitale) riporta alla luce le storie non raccontate, i particolari censurati, la faccia meno attraente del sistema dell’arte e della cultura elitaria che spesso ha prodotto e continua a produrre.

Valentina Tanni

[exibart]

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