Susan Hiller è scomparsa lunedì, 28 gennaio, a 78 anni, al termine di una malattia fulminante. A confermare la notizia, la Matt’s Gallery di Londra, che la descrive come «Una voce unica e idiosincratica, una grande artista, scrittrice e pensatrice, è stata una Maestra per molti».
Conosciuta per i suoi lavori multimediali e incentrati sull’esplorazione dei limiti della coscienza, dalla scrittura automatica alle esperienze di pre-morte, Hiller descriveva la sua poetica come paraconcettuale, facendo riferimento alla dimensione ignota, strana e grottesca dell’esistenza. Ma una parte considerevole del suo lavoro aveva una chiara matrice politica, come quando, in occasione dell’edizione del 2012 di Documenta, installò cinque jukebox nei dintorni di Kassel che trasmettevano canzoni di protesta e ribellione di musicisti come i Clash e i Public Enemy. La voce era tra i suoi media preferiti, analizzata e scomposta nei suoi diversi elementi, come per The Last Silent Movie, del 2007, uno dei suoi lavori più conosciuti, in cui mostrava il tracciato delle onde sonore lasciato da parole espresse in lingue morte o morenti.
Hiller nacque nel 1940 a Tallahassee, Florida, ma visse e lavorò soprattutto a Londra già nei primi anni ’60 e, oggi, è considerata una precorritrice della corrente post-concettuale inglese. Studiò film e fotografia alla Cooper Union, linguistica e archeologia all’Hunter College di New York e affrontò diverse esperienze nel campo antropologico in Messico, Belize e Guatemala. Lavorò come segretaria in una fabbrica automobilistica della Skoda, mentre portava avanti la sua ricerca artistica e la sua prima mostra risale al 1973.