E’ probabilmente una delle maggiori retrospettive mai realizzate su Gardin, quella che viene inaugurata al Palazzo delle Esposizioni di Roma. La mostra, oltre ad essere un omaggio ad uno dei maggiori autori italiani, rappresenta anche il riscatto della fotografia di reportage italiana rispetto ai tanti autori stranieri che, normalmente, vengono presentati in questo contesto.
Discreto, sensibile, umile quel tanto che basta per prenderlo in simpatia, dimostra attraverso le sue immagini una fotografia “classica”, attenta alla forma e di grande stile.
Il suo inizio è quasi casuale, un atto di sfida verso l’occupazione tedesca che, nell’Italia del ’43, obbligava a consegnare alle questure, non solo le armi tenute nelle case, ma anche le macchine fotografiche. Lui, tredicenne, in un moto di ribellione adolescenziale, invece di far consegnare l’ingombrante macchina decide di andare in giro a far foto!
Ma, se quello fu il primo “contatto”, la sua carriera inizia anni dopo. Gli fanno da maestro le immagini dei reporter americani di Life, le esperienze della Farm Security Society, che negli anni ’50 erano ben distanti dal reportage ancora provinciale dei quotidiani italiani. Decide quindi di andare in Francia, a Parigi, dove apprezza Bresson, ed in generale tutti i fotografia della Magnum, e fa suo l’utilizzo del piccolo formato (Leica 35mm) per la semplicità e immediatezza d’uso.
Trovata la sua strada, iniziano le collaborazioni con diverse testate giornalistiche. La sua è una passione, prima che un lavoro; lo dimostra la frequentazione a circoli d’avanguardia nello studio dell’immagine come la Gondola e il Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia.
Di tempo ne è passato tanto, oggi Gianni Berengo ha 70 anni ma non li dimostra (o meglio, non tutti).
Mi è capitato più volte di vederlo in giro, mentre passeggia in manifestazioni di fotografia. La macchina sempre in spalla, gli occhi piccoli ed attenti, un fare discreto di chi, per professione e per carattere, ha imparato a non dare nell’occhio.
Apre la conferenza stampa Alessandra Mauro e lui chiede, ai giornalisti presenti, di fargli delle domande con un sincero: “Non sono bravo con le parole, è per questo che fotografo, iniziate voi”. Ed anche per questo che la sua è fotografia traspare una grande voglia di comunicare. “Una foto non varrà 1000 parole” dice, “ma almeno 300, si!”.
Quando gli chiedo quante delle immagini che ha realizzato sono su commissione, mi risponde che non lo sa, il grosso del suo lavoro parte da lavori “personali” che successivamente hanno trovato spazi e pubblicazioni. A conferma dirà, successivamente, che lui è un uomo fortunato perché non ha mai “lavorato” ma vissuto facendo quello che più gli piaceva: “fotografare”.
E’ disteso, parla con piacere, ma due argomenti lo “scaldano” in modo particolare: l’editoria italiana e il problema degli zingari. Lamenta la scarsa cultura dei media nostrani circa l’importanza della fotografia e la continua disattenzione nel non riportare con evidenza il nome dell’autore.
Ci parla degli zingari, del suo lavoro con loro, di settimane vissute negli accampamenti per documentare una realtà che non è solo quella legata alla criminalità, di cui non nega l’esistenza, ma anche di tante persone di grande dignità e meritevoli di rispetto per cultura e tradizioni.
Gardin è una persona sensibile ai problemi sociali, le sue non sono foto di denuncia, fini a se stesse, ma dettate dalla voglia di rendere appieno l’uomo nella sua quotidianità, indagare nelle zone scure e scarsamente battute per ribadire, con l’uso dell’immagine, dignità dimenticate o realtà di emarginazione. Ma non crediate di trovare fra le sue “parole” non scritte segni di disperazione o degrado gratuito, lui è un uomo positivo e le sue vogliono essere foto di speranza.
Sono 150 le immagini, selezionate dalla figlia insieme a Gianni Peliti e Giovanna Calvezi, tratte da un archivio di oltre 1.000.000 di fotogrammi. Scene e persone d’Italia rappresentate con grande sensibilità e gusto per l’inquadratura. Foto fatte per passione prima che per professione. Questo e Gianni Berengo Gardin: il nostro Salgado.
Biografia di Gianni Berengo Gardin
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Nutrita esposizione di opere in cui l'artista dimostra piena capacità di contemperare sapientemente spontaneità e composizione, documentazione e reinterpretazione del reale, in una poetica serena ma ricca di suggestioni.
Retrospettiva di autentico spessore artistico.