Fa sempre un certo effetto vedere immagini d’altri tempi, potersi immergere in contesti perduti e stupirsi per la bellezza dei luoghi. Ma la cosa che, più di tutte, continua ad affascinare è la qualità delle foto, le loro sfumature, la loro nitidezza che, nonostante il passaggio del tempo, dimostrano ancora quasi tutte le loro qualità.
La riflessione sorge spontanea, e l’ammirazione è dovuta poiché fare il fotografo alla fine dell’800 non era certo cosa facile. Il fotografo che viaggiava doveva portare con sè decine di chili di materiali, approntare camere oscure di fortuna per sviluppare le lastre e prepararne di nuove. Le macchine erano ingombranti, necessitavano di tempi lunghi per essere montate e i prodotti per preparare le lastre dovevano essere ben protetti (Bourne avvolgeva le bottiglie di collodio con delle pelli, sigillava i tappi e metteva il tutto in scatole di metallo riempite di segatura).
Il risultato di tutta questa fatica è duplice. Il grosso lavoro di documentazione, degli studi come quello di Bourne & Shepherd o semplici viaggiatori come Felice Beato, fornisce materiali pregiati per analizzare architetture, modi di vestire e di vivere, paesaggi e luoghi oggi spesso sconvolti da urbanizzazioni selvagge. Le immagini prodotte sono sempre di qualità, quasi a rivendicare nella difficoltà e nei lunghi tempi di realizzazione un approccio quasi filosofico che le moderne tecnologie e gli attuali ritmi di vita hanno fatto dimenticare.
La mostra è organizzata dal Münchner Stadtmuseum-Fotomuseum, dove è stata presentata al pubblico nel corso del 2001 ed è grazie all’interessamento di Maria Francesca Bonetti, dell’ Istituto Nazionale per la Grafica, che è stato possibile allestirla in Italia.
Sono oltre 160 le immagini presentate, a cui si affiancano, nei locali adiacenti l’ingresso, alcuni lavori di altri professionisti fra cui è doveroso citare Felice Beato, uno dei maggiori fotografi di cronaca dei paesi orientali.
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