Milano Art Guide ed exibart presentano It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World, un atlante della fotografia degli anni 2020, da scoprire ogni settimana su Instagram: l’ospite di questa settimana è Noga Shtainer. Per dare un’occhiata al takeover nelle stories del nostro account instagram, vi basta cliccare qui.
A cosa stai lavorando?
«Durante la pandemia globale di COVID-19 e l’isolamento, il mio lavoro non poteva procedere come al solito. Ho dovuto interrompere il mio progetto “Homesick” e ho cercato di combinare la mia vita di madre di 3 figli con la mia vita di artista. Il mio nuovo progetto si chiama: “Intense Time”, ed è nato dai momenti intensi della nostra famiglia: il caos, lo stress e il mio bisogno di fuggire e connettermi contemporaneamente, mi hanno portato a creare questo progetto. Uso le mie fotografie per riflettere le relazioni all’interno della famiglia e mostrare gli alti e bassi che tutti noi abbiamo avuto (intensificati durante la chiusura). Sto cercando il microcosmo, volendo mostrare atti semplici, momenti quotidiani che sono sempre lì ma siamo troppo occupati e troppo stanchi per vederli: amore, rabbia, connessione, noia, gelosia. La serie segue questi momenti nella nostra connessione familiare con tutti i suoi complessi strati.»
Come trovi ispirazione per il tuo lavoro? E cosa ti ispira di più?
«Credo che la migliore ispirazione sia la vita stessa, e nell’ultimo anno la vita è diventata molto diversa e molto strana per me. La macchina fotografica e l’azione fotografica mi hanno aiutato a vedere i miei figli dall’esterno, a osservare le nostre relazioni variabili e a rivelare l’intimità e la vulnerabilità. Le mie ragazze Zohar, Tamar e Daniella sono la mia ispirazione, sono i personaggi principali e insieme abbiamo creato questa serie.»
Cosa significa fotografare negli Anni Venti del Duemila?
«Penso che il 2020 sia cambiato molto nel campo della fotografia. Nulla è certo, comprese le vendite, l’ispirazione e il reddito del fotografo. Noi (fotografi) non potevamo viaggiare, dovevamo guardarci dentro invece che fuori, non guardarci intorno ma guardare più in profondità, guardare noi stessi, la nostra vita, gli hobby e le abitudini.
Prima, avevamo molta più libertà. I fotografi sono molto spesso in viaggio, il nostro obiettivo è quello di mostrare o individuare qualcosa che troviamo importante, può essere un luogo, un comportamento o una mentalità. Non importa se abbiamo scattato un reportage, una scena o un paesaggio. Ci avviciniamo alle persone e frequentiamo i luoghi per sentirne l’atmosfera e lo stato d’animo. Ora la gente non vuole avvicinarsi, la gente è molto più sospettosa e ha paura di farci avvicinare alla loro casa. Spero davvero che il 2022 sia migliore.»
Il 2020 in una foto?
Noga Shtainer (Zefat, Israele, 1982) è una fotografa israeliana, vive e lavora a Berlino. Si è formata all’Academy of Design & Education, Department of Photography, Israele. Tra le sue esposizioni personali si annoverano quelle presso Freelens Gallery, Amburgo, Germania (2016) e presso Vhs – Photogalerie, Stuttgart, Germania (2014). Nel 2018 è arrivata tra i finalisti del Julia Margaret Cameron Award. Le sua ricerca affonda le radici su tematiche come infanzia e famiglia, bellezza e transitorietà, lussuria e sofferenza, vita e morte. All’interno dei suoi progetti viene messa in luce la vita all’interno di diverse comunità, e se ne evince un filo parallelo che ricorre costantemente nel suo lavoro, ed è quello di un profondo interesse verso la relazione che gli individui instaurano sia con la loro identità sociale che con quella personale, più intima. L’obiettivo è proprio quello di utilizzare il medium fotografico per evidenziare i cambiamenti positivi di una società attraverso la lente del singolo individuo e della sua personale interazione con il mondo esterno.
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