BENEDETTA CARI SENZA TITOLO 2021 FOTOGRAFICA ANALOGICA 35 MM dimensioni variabili
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Benedetta Cari.
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«La mia arte è la fotografia; sicuramente nel rappresentarla introduco consciamente e inconsciamente, parti ed aspetti della mia persona in ogni mia fotografia, in esse qui traspare parte del mio privato e del mio vissuto».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Credo che ogni persona sia un insieme di molte cose, anche diverse tra loro, tuttavia ci sono alcune caratteristiche che risaltano rispetto le altre sia per intensità che per nostro volere di sottolinearle maggiormente, se potessi elencare tre aspetti per i quali vorrei identificarmi fotograficamente sarebbero sicuramente: i miei soggetti femminili, la fotografia analogica e istantanea, l’erotismo».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Per me l’apparenza pubblica ha importanza ma in modo limitato, perché è lei stessa limitata e limitante in quanto siamo sempre noi a costruire la nostra identità pubblica in base a cosa di noi stessi vogliamo evidenziare (ricollegandoci alla seconda domanda) ma anche influenzati da come vorremmo essere, e da come sono (o sembrano) gli altri».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Io credo che non esista un valore di rappresentazione o un’identità artistica pura, l’arte è fatta anche di contaminazioni e soprattutto in questo momento storico in cui le creazioni artistiche sono, grazie a internet, ampiamente condivise e condivisibili, la ricerca dell’unicità è così affannosa e si è in così tanti a correre che probabilmente ha più senso rallentare e “fare”, dando al lavoro altrui valore senza toglierne al nostro».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Non oso definirmi un’artista agli occhi del mondo, sicuramente provo ad esserlo per me stessa».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Se fossi stata altro rinunciando alla fotografia mi sarebbe piaciuto essere una pittrice..era la mia risposta da piccola al famoso “cosa vuoi fare da grande?”».
Biografia
Nasce a Roma nel 1992 a Roma. Dai primi anni di vita ha la fortuna di crescere accanto a un nonno con una mente sensibile che le ha trasmesso tutto l’amore per la creazione in qualsiasi forma, tuttavia crescendo, la fotografia è diventata il suo modo di esprimersi principale. Nelle sue fotografie i soggetti sono quasi esclusivamente donne e ha capito con il tempo che questa propensione derivava dalla su necessità di rivedere, ritrovare e rappresentare se stessa nelle sue fotografie.
Ha mille idee di se stessa, mille visioni, interpretazioni diverse, sfaccettature infinite della stessa pietra, tanto preziosa quanto grezza: queste contraddizioni, che a volte non riesce a far convivere, la indirizzano, tramite altre donne, nelle sue fotografie.
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