Un titolo geniale, per una mostra che invoca la mancanza dell’uomo, indaga sulle suggestioni desolate di una visione che si può riassumere, forse troppo facilmente, nel post human, e che trova invece nella musica dei Pink Floyd la sintesi di uno smarrimento emotivo lacerante. Sono stati per ciò selezionati quindici autori del panorama contemporaneo, con una spiccata prevalenza per la fotografia e le visioni architettoniche.
Le prima architetture si notano in vetrina: sono le immagini simmetriche di Romain Erkiletlian, caratterizzate dall’accostamento di foto ribaltate di paesaggi urbani con auto, semafori, strisce pedonali (talvolta segnate da tratti a pennarello) che giocano sul crinale tra riconoscibilità degli elementi e invenzione visiva. Cifra stilistica anche di Jasmine Bertusi: le sue lightbox, però, come nella serie Caltaway, sono distillate, più asciutte, giocate esclusivamente sull’astrazione della geometria. La presenza latente dell’uomo emerge con forza nelle stanze desolate di Masayuki Akiyoshi, riprese accostando in serie numerose foto a mo’ di patchwork, e negli scatti di Angel Marcos, in cui dei libri sono accostati lungo condutture idrauliche di grandi dimensioni. In entrambi i casi, vengono forniti elementi che indicano l’antropizzazione degli ambienti, ma dell’uomo non v’è traccia. D’effetto la parete che ospita le lambda print Saluti dalla Costa Azzurra di Marco Citron, foto di bianchi e desolati complessi residenziali della costa francese per turisti annoiati, che si contrappone alle tenebrose viste cittadine notturne di Sergio Scabar e alle viste di città immaginarie di Giacomo Costa (che porta avanti con l’elaborazione elettronica e gusto postmoderno modalità già care al Piranesi).
Seppur interessanti, ci sembrano invece andar fuori tema –in una collettiva forse troppo affollata– i disegni di Nicola Toffolini: le sue macchine, che prevedono l’intreccio di natura e tecnologia, ci paiono più azzeccate rispetto alle sezioni di zolle e vermi di Senza capo né coda. La poesia del vuoto ispira i paesaggi di Arash Radpour, mentre con le cibachrome di David Byrne il vuoto si fa quasi spinto. Accendete la musica.
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