Città come Ferrara o Piacenza, nelle quali il silenzio della nebbia, e lo strato d’irrealtà che essa depone su paesaggi, oggetti e persone, avrebbe inciso notevolmente sul sentire di numerosi artisti, per quanto tra loro stilisticamente anche molto diversi. Non a caso il fantastico, che è immaginazione, delirio, gioco onirico o solitudine e nevrosi, sarebbe prepotentemente entrato nella pittura in anni in cui esperienze tragiche e destabilizzanti come la prima guerra mondiale, o nuove e
L’esposizione, nella quale sono visibili più di 160 opere, è stata divisa in due sezioni. La prima è dedicata solo agli artisti “storici”, tutti già scomparsi, raggruppati seguendo un criterio stilistico più che cronologico-spaziale. La seconda parte della mostra, invece, propone le opere di autori tutt’ora attivi ed inseribili in contesti artistici spesso inediti ed ancora non storicizzati.
Ad apertura della mostra vi sono degli autori che si possono definire quali anticipatori del surrealismo francese (come il veneto Arturo Martini). Alle loro opere seguono quelle riconducibili alla “scuola” metafisica che sorse a Ferrara nel 1916 e nella quale si riunirono, attorno alla figura di Giorgio de Chirico, autori quali Filippo De Pisis, Alberto Savinio e Carlo Carrà . Nei loro dipinti il senso d’irrealtà nasce da vari espedienti tra cui, spesso, l’accostamento di oggetti tra loro privi di qualsiasi rapporto logico, o l’uso particolare della luce, che trasportano lo spettatore in un’atmosfera muta, rarefatta, irreale. A queste opere seguono quelle dei cosiddetti primitivi, autori privi di mezzi e non istruiti. Ligabue, Rovesti e Ghizzardi , sono dotati di un linguaggio figurativo istintivo, incisivo e solo apparentemente facilmente comprensibile.
Una piccola sala è dedicata agli esponenti della corrente del Realismo Magico, tutti autori la cui pittura iperrealista, discostandosi dalla naturale visione dell’occhio umano, conferisce ai loro dipinti una dimensione irreale ed illogica. Molto interessante è l’accostamento di due opere tra loro legate: il Meriggio (1923) di Felice Casorati e Dopo l’orgia (1928) di Cagnaccio di San Pietro. In entrambi
Il Gruppo dei Piacentini, gli unici visionari presenti in questa ricca esposizione, è rappresentato da vari artisti tra i quali si segnalano Foppiani (il maestro del gruppo), Cassinari e Cinello.
Numerosi altri importanti autori, non inseribili in correnti specifiche ma tutti riconducibili alla pittura fantastica italiana sono presenti in questa mostra. Tra loro ricordo solo i nomi di Italo Cremona, Federico Fellini, Dino Buzzati, Giuseppe Gorni e Luigi Zuccheri.
Molto interessante è anche la seconda parte della mostra, esclusivamente dedicata agli autori contemporanei, fra i quali si segnalano vari artisti giovani.
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elena londero
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