La mostra, curata da Filippo Maggia e Peter Bunnel della Princeton University, è la prima retrospettiva del famoso fotografo americano Minor White (1908–1976) ad essere presentata in Italia. Sono esposti 124 scatti che ne ricostruiscono il percorso artistico, fra cui le tre sequenze di immagini “Song Without Words”,” Sequence 4” e “Sequence 17”, nodali nella ricerca formale dell’artista e qui per la prima volta presentate nella loro versione originale.
I soggetti fotografati sono per lo più naturali, colti con l’essenzialità di chi, in un dettaglio, riesce a vedere un’emozione, a carpire la profondità del reale e ad intimizzarlo con eccezionale sensibilità. Anche nelle immagini che possono apparire più criptiche, quasi astratte, la potenza comunicativa rimane straordinariamente viva.
Il legame con il mondo, con gli altri è sempre stata una costante della vita di White, mai chiuso in una ricerca individuale, ma desideroso di rendere partecipi i suoi studenti delle proprie conquiste, riflessioni, sperimentazioni, insegnando a ricercare la realtà nascosta delle cose, a “saper guardare” in modo che una realtà “altra” si svelasse ai loro occhi. Scrive White: ”io cerco le cose non per come sono, ma per cosa altro esse sono, quegli elementi oggettivi di tensione che stanno al di sotto della superficie dell’esperienza, altrettanto vera.” “In questo modo, le fotografie dipendono così poco dall’oggetto fotografato per divenire esse stesse un’originale fonte di esperienza”.
In “Song Without Words” l’occhio si fa più poetico, indugia su vedute marine e ritratti classici, in una sequenza che “è come una proiezione di fotogrammi, una proiezione fermata nei suoi punti salienti e che serve a custodire la storia della memoria…”, che è paragonabile ad “una danza su un tema”, i cui intervalli possono essere riempiti dall’io dello spettatore.
Il tema dell’acqua è importante nell’opera di White, sempre percorsa da tremiti interiori, e ritorna spesso sia come metafora della purezza, della verginità, della forza creatrice, ma anche come sinonimo di emozione non governabile, selvaggia, primordiale. Così anche le rocce, i tronchi d’albero si vestono di sentimento, divenendo voci di conflitti o di rivelazioni, in una totale compenetrazione fra il fotografo e il soggetto, mettendo a nudo tutta la complessità spirituale di White.
La fotografia, dunque, per investigare il mondo, ma soprattutto per mettere a fuoco se stessi per gli altri.
La mostra si trasferirà a Modena dal 24 Marzo al 20 Maggio 2001 in Palazzo Santa Margherita.
Gabriella Depaoli
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