Aldo Spinelli gioca. Con l’arte e le parole, con il significato, il segno e il significante. Gioca e confonde, creando mondi allegri a prova di noia. Come la mostra ora in corso da Kaiser Art, che sorprende per la bellezza immediata e gioiosa dell’impatto, imprevedibilmente conciliata con la serietà del tema.
La riproducibilità dell’opera d’arte contro la sua unicità: un tema che percorre la storia dell’arte degli ultimi secoli, forse mai come oggi reso attuale dai nuovi media. Dopo le grafiche, la fotografia, il video, ecco un nuovo nodo gordiano per le arti visive: il digitale. Un tema che Spinelli,
L’opera parte da un grande cartoccio di fogli di carta colorata, tutti diversi. Il grande cartoccio, pressato, è digitalizzato attraversi uno scanner. Il foglio più esterno viene svolto, sottratto al groviglio simbolico di colori compressi e lisciato e inserito nella stampante, pronto ad accogliere la prima scansione. Stampata la prima immagine sul primo foglio liberato, ecco una nuova scansione, orfana del foglio sottratto: ed ecco che un secondo foglio si stacca e,
Una serie di gesti quasi rituali, ripetitivi e fiduciosi, sperando che le pieghe siano stirate a dovere e che il foglio non s’inceppi nel rullo della stampante… un fare e disfare e rifare e disfare da Penelope: disperato, poeticamente avvinto alla materia, fragile come una tela di ragno, effimero come un ricamo di carta. Una risposta possibile, un’opera unica.
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