Genova, nella sua lunga e intricata storia, ha visto tra i primi del Cinquecento e per tutto il Seicento, durante quel lungo periodo che è stato ribattezzato
El Siglo de Oro, aggirarsi tra palazzi sontuosi alcuni dei più grandi maestri del barocco. Da
Bernardo Strozzi ad
Anton Van Dyck e
Rubens, in anni recenti il capoluogo ligure ha celebrato molti degli artisti che furono protagonisti di una delle stagioni più vivaci della città. Ma all’appello mancava ancora
Valerio Castello (Genova, 1624-1659) che, fin dagli esordi, si collocò in posizione di rottura con la tradizione e si allontanò subito dall’esempio dei propri maestri e del padre
Bernardo, anch’egli pittore fortemente legato alla tradizione manierista. Questa mostra, che esalta il “genio moderno” di Valerio Castello, mette in evidenza come operò scelte talmente personali da poterlo considerare quasi un autodidatta, nel senso più positivo del termine.
Se il barocco genovese raggiunse punti d’eccellenza nel panorama artistico nazionale, contribuendo alla crescita e all’affermazione di una pittura vivace, aerea, dinamica, basata sull’idea di uno spazio illimitato e scenografico, è proprio nella produzione di Valerio Castello che si possono rintracciare una serie di innovazioni, spesso dirompenti, che tracciarono un nuovo corso: la pittura barocca genovese, dopo di lui, nonostante la sua sia stata solo una fulminea apparizione perché strappato alla vita poco più che trentenne, non fu la stessa.
La sua audacia espressiva, dapprima isolata e certamente non compresa, come solitamente accade ai “geni”, dopo qualche decennio venne ripresa da altri protagonisti dell’epoca, come
Gregorio de Ferrari e
Alessandro Magnasco, che proseguirono il solco dirompente e un po’ trasgressivo che Castello aveva iniziato a tracciare.
La mostra, allestita negli spazi del Teatro del Falcone all’interno del complesso monumentale del Palazzo Reale di Genova, che conserva tra l’altro un’importante volta affrescata proprio da Castello raffigurante l’
Allegoria della Fama, permette di compiere un affascinante viaggio tra circa cento dipinti e disegni dell’artista, riuniti per la prima volta e provenienti da palazzi, chiese, musei e raccolte private italiane ed estere. Un percorso in cui l’allestimento e la scelta del colore bianco conducono con leggerezza, stile e un occhio al design, alla pubblicità e all’arte contemporanea nella scelta grafica dei supporti didattici, a scoprire il cromatismo squillante delle sue opere.
La mostra, infine, presenta una trentina di dipinti -attentamente affiancati dai curatori- realizzati, tra gli altri, da
Parmigianino,
Giulio Cesare Procaccini, Van Dyck e Rubens, che rendono l’evento non solo un’ulteriore occasione per vedere insieme così tante opere di tali autori, ma aiutano a meglio comprendere, per confronto e spesso per contrasto, la strada intrapresa da questo grande maestro genovese.