Quella di Sergio Fregoso è un’autentica provocazione, a colpi di click, scatto dopo scatto: dal quartiere operaio Umberto Primo, piazza Brin, al porto. Una sfida contro uno dei luoghi comuni per eccellenza. Che la Spezia sia la città dell’Arsenale, che non abbia storia, che sia l’emblema di casa nostra della “sindrome di Bilbao”. I cinquant’anni dell’obiettivo di Sergio Fregoso sono una risposta, nitida e precisa, a una città perennemente tormentata, sempre alla ricerca della propria identità culturale.
Le foto in mostra documentano una paziente ricerca che si è via via confrontata alle correnti del secondo Novecento, dall’astrattismo all’informale. Un filone che ha dato vita alla Spezia al Gruppo AV 70 di sperimentazione e dibattito nelle arti visive.
Temi di questo lavoro, per Fregoso, sono, oltre alle vie e alle piazze della città, le nature morte (che hanno segnato il suo esordio) e le barche dei muscolai del Canaletto e di Fossamastra. Le barche sono un pretesto di confronto tra il fotografo e i colori, la luce. “La fotografia è come una spugna – ha risposto Sergio Fregoso a Marzia Ratti, attiva responsabile dei musei civici, nell’intervista che correda il catalogo della mostra- non sfuggono i particolari, ma se non li si interpreta, tutto si opacizza”. La mostra segna dunque un punto di svolta, non solo generazionale, individuando una vera e propria scuola cittadina. Infatti, come ha sottolineato durante la presentazione Maurizio Cavalli, curatore della rassegna, Fregoso non hai mai scisso dal suo percorso professionale e artistico le tematiche didattiche così come un costante sostegno ai giovani: ne sono prova gli allievi, numerosi, e anche illustri, come lo scrittore Maurizio Maggiani che dal fotografo maestro non ha appreso solo i primi rudimenti della camera oscura, ma anche quella particolare sensibilità nel raccontare le storie, sottovoce, da affabulatore poco alla moda, priva di retorica che solo Sergio Fregoso sa dare alle sue immagini e alle sue parole.
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