Il viaggio che si affronta nel percorso delle belle sale, si compie attraverso grandi foto-costruzioni di luoghi disattivati, come vecchie miniere, fabbriche dismesse, oppure in aree brulicanti di architetture, grandi città portuali come Genova, Marsiglia, Salonicco, Barcellona: Paesaggi della memoria e Deserti del vissuto. E’ con l’utilizzo di tubi al neon o lampadine, che questi ambienti sono riattivati, come blocchi di passato al
Il gioco che Nakis Panayotidis (Atene, 1947) ingaggia con la memoria non si macchia di tinte nostalgiche né indugia sull’immaginario arcaico che la patria greca potrebbe facilmente fornirgli, ma squarcia veri e propri nuclei di materia cui la leggerezza del neon restituisce velocità e attualità.
Attraverso una lampadina, il magma nero della tela catramata rivive come interno, scarno e essenziale; un tavolo, due sedie, ricreano in primo luogo un’atmosfera che porta all’emersione potente dell’immagine-ricordo. Tra le tele catramate solo il continente africano rimane emblematicamente senza luce, enorme cuore nero, dimenticato.
Persino l’oracolo della Pizia di Delfi: Diventi quello che sei scritto in greco al neon, si fa quasi
Non poteva essere più adatto il titolo della mostra, scelto dallo stesso artista, che con il modo gerundio restituisce tutta la potenza attiva e rigenerante di una memoria paradossalmente atemporale, u-topica.
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