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Fino al 28.X.2001 | “Labirinti” asiArt Asian Contemporary Art. Biennale di Arte Contemporanea n. 2 | Genova, Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce

di - 8 Ottobre 2001

Due culture a confronto. Gli ornamenti, gli intrecci, gli arabeschi delle decorazioni arabe, delle miniature bizantine, delle grate musulmane in una serie di grandi installazioni di artisti contemporanei, i “Labirinti”: il tutto a Genova, dove, naturalmente, un “vicolo del Labirinto”, esiste. Tra i partecipanti, il cinese Wenda Gu colloca al primo piano della villa una tappezzeria inconsueta, fatta di tende modulari, appena scostate dalla parete, trasparenti, con calligrafie che mescolano caratteri latini, arabi, cinesi e indiani. Poco importa che siano fatte, queste cortine, di capelli veri, scuri e lucenti come solo quelli degli asiatici possono essere. Al centro della sala, Wenda Gu, dispone un tavolo e quattro sedie, un po’ stile Ming, un po’ Luigi XV, con video-tarsie. L’Iraq è rappresantato da Mehdi Moutashar che ha realizzato un labirinto di lettere, costruito in legno sull’alfabeto arabo, nella variante cufica, quella geometrica. Sono due fonemi, “l’altro” e “lui” col sigificato di “indicibile”. Yufen Qin -l’artista fu arrestata nel 1989 poco prima delle manifestazioni studentesche di Piazza Tienanmen, ora vive a Berlino – espone una scacchiera di ventagli sospesi al soffitto. Pinaree Sanpitak, thailandese, Quikai Zhang, dalla Cina, Ok-Joo Shin, coreano, Sato e Norio Nagayama dal Giappone, Monali Meher per l’India, Jung-Hwan Park e Sejong Yoo dalla Corea, Yufen Qin (Cina), gli altri artisti in rassegna. Per ultime tre installazioni in sotteranea, sotto le volte a vela degli scantinati-depositi, con le opere di Eun-Hee Cho (filze di nastri bianchi che costruiscono percorsi verticali); Luming Li (Cina), Sudarshan Shetty (India) e Sin-Wook Kang (Corea). Da notare che pochi, tra gli artisti invitati a Villa Croce, si sono espressi utilizzando l’idioma delle loro terre, preferendo, almeno nei titoli, di gran lunga la lingua inglese. Alla fine, l’asiArt, segna, in controtendenza, un esotismo di ritorno; e gli elementi orientalizzanti, zen e minimali come, in “Fu shiki” del giapponese Sato, altro non sono che contaminazioni occidentali, il sottofondo orientale alla nostra portata.

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mostra visitata il 3 ottobre 2001




“Labirinti” asiArt Asian Contemporary Art. Biennale di Arte Contemporanea n. 2
Genova, Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, via J. Ruffini 3.
Orari: da martedì a sabato 9-19, domenica 9-12,30, lunedì chiuso. Ingresso: gratuito.
Visite guidate su prenotazione presso DSA-AAC/ CE.L.SO (Centro Ligure Studi Orientali)
Galleria Mazzini 7 16121 GENOVA tel. 010586556, fax 010586556
Catalogo: in preparazione.
Le altre sedi espositive: fino al 20 ottobre a Palazzo Doria Spinola “ASIAGRAFIE: itinerari di segni e scrtitture dal Medio Oriente all’Asia orientale”; dal 1° al 15 ottobre presso l’archivio Arti Contemporanee del CE.L.SO “ACTION CHINA: Action Art & Behaviour Photography in China”; fino al 20 ottobre nel cortile Maggiore e nel cortile Minore di Palazzo Ducale “OPEN”; e infine dal 20 novembre al 20 dicembre “JAPAN DESIGN Graphic & package”.Altrettanto fitto il calendario delle iniziative collaterali, sezioni didattiche, master, programmi di ricerca internazionale, conferenze, etc. Per ulteriori informazioni rivolgersi ai curatori dell’iniziativa Alberto De Simone, Emanuela Patella e Gino Maggio presso DSA-AAC/ CE.L.SO Galleria Mazzini 7 16121 GENOVA tel. 010586556, fax 010586556 e-mail: asiart_aca@hotmail.com. Catalogo: in preparazione.


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  • ma è un nome così comune, semplice, orecchiabile e dal significato così aperto che non lo si può registrare.
    Pensate se gli amici di Aperto a Torino (una attivissima associazione culturale) avessero registrato il nome...non si sarebbe potutta fare la Biennale del '99 !!! ma via via...

  • Vi faccio presente, che OPEN è un nome depositato, e si riferisce ad una mostra che già da quattro anni si tiene al Lido di Venezia. Pertanto vi prego onde evitare confusioni, equivoci e spiacevoli conseguenze di NON usare il nome OPEN collegato al concetto di installazioni e sculture.

  • Io non credo che ci si debba sentire copiati od offesi se si utilizza un nome la cui traduzione rappresenta quello che e', sarebbe sciocco.

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