Categorie: Il fatto

Frontiere di domani

di - 12 Settembre 2015
Cantava Giorgio Gaber: “Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”.
Un pezzo che ci introduce alla strana (e infinita) storia quella della Catalogna, “stato” a parte della Spagna, che evidentemente di sotterrare l’ascia di guerra dell’indipendenza non ci pensa proprio, e di sottostare al regime dello stato iberico, alle sue tassazioni, alle leggi e alla politica, ancora dopo anni e anni – e più che mai – non ne vuole sentire parlare.
E così, nella giornata di ieri, decine di migliaia di indipendentisti si sono concentrati a Barcellona sulla Meridiana (la grande strada che attraversa la città per oltre cinque chilometri) per chiedere la secessione della Catalogna, in occasione della tradizionale Diada, la festa nazionale catalana.
“Via Libera alla Repubblica Catalana” è stato lo slogan, che riaccende – dal basso – alcuni problemi endemici di questa Europa che, come accaduto con l’Italia ai tempi che furono, non è poi così unita. Un atteggiamento che persiste anche oggi dove forse più che mai, nella globalizzazione, sarebbe forse utile guardare alle singole economie, alla salute di determinate zone geografiche in grado di mandare avanti interi Paesi. Come, appunto, la Catalogna.
Certo, la storia è un po’ disconnessa dalla realtà in cui viviamo in questi giorni: tutti chiedono di aprire frontiere, di accogliere e, senza troppe metafore, qui c’è qualcuno che vuole chiudersi di fronte al suo stesso stato. Ma che cos’è appunto uno stato, se non aderisce alle aspettative dei cittadini? E che cosa significa “sottostare” ad una serie di normative che non si condividono se non un essere semplicemente sudditi?
Che cosa ne sarà di tutta questa storia si saprà con le elezioni del prossimo 27 settembre, che gli indipendentisti guidati dal presidente uscente della Catalogna Artur Mas intendono trasformare in un plebiscito per l’indipendenza. Mas, dal canto suo, ha aizzato la folla, annunciando che se il partito secessionista vincerà, si potrà iniziare la “disconnessione” dalla Spagna. Una possibilità che potrebbe accendere non pochi fuochi, in diverse altre parti del continente. (MB)

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