Categorie: Il fatto

Luci e ombre di Mantova Capitale

di - 28 Ottobre 2015
Mantova, città dei nobili Gonzaga, luogo dove operarono Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Mantegna, Giulio Romano. Scrigno incantato, in mezzo ai campi della pianura padana, abbracciata da tre laghi che circondano il centro storico, e una raffineria di greggio che staziona appena oltre e i cui miasmi nei giorni di vento si avvertono anche in piazza delle Erbe. Mantova del Palazzo Te, del Festival Letteratura, del bellissimo Teatro Bibiena, del Sociale e del Palazzo Ducale. Mantova, città morta, contadina, e Capitale Italiana della Cultura 2016.
Nessun collegamento diretto con Roma, regionali da Milano ogni due ore circa su una linea a binario unico tra le più ritardatarie d’Italia; un’autostrada secondaria che l’attraversa (la Modena-Verona-Brennero), una manciata di facoltà universitarie che sembrano piantate qui per caso e una distanza siderale dal mondo che la fa apparire quasi come un piccolo borgo situato sul cucuzzolo di qualche colle sperduto. Anche questa è Mantova, nella sua bellezza ricca di enogastronomia, e lontana e fiabesca, che se vorrà attrarre turismo in surplus dovrà lavorare parecchio.
Con quali fondi? Un milione di euro che arriveranno dal Ministero, e che tradotto sono meno di due miliardi delle vecchie lire. Il prezzo di una villa, da queste parti. E secondo voi, con questa cifra, che cosa si può fare? Il neo-sindaco Mattia Palazzi, all’annuncio di Franceschini, ha detto che non se lo aspettava ma che Mantova «è città straordinaria, unica, piccola ma con vocazione internazionale. Stiamo investendo sul restauro e sul recupero del patrimonio culturale, sulla rigenerazione urbana, sul ricucire elementi di degrado con la parte storica, sulla fiducia di una città che ha voglia di esserci, di crederci e di contare molto di più nel Paese e in Europa». Verrebbe proprio da dire che l’importante è crederci, ma se la bellezza salverà il mondo allora forse a Mantova siamo a buon punto. È tutto il resto che sembra mancare.
Sarà il nostro punto di vista? Sarà, visto che a Franceschini a quanto pare in questo caso interessa fare numero: «Siccome la capitale europea della cultura spetta a ogni Paese membro dell’Ue ogni quattordici anni abbiamo immaginato di introdurre nel nostro ordinamento una Capitale italiana della cultura seguendo il percorso previsto per la capitale europea». Dunque una tutti gli anni. Ma perché questa ossessione? Per portare cosa, realmente? Se, per esempio, la Capitale della cultura fosse un progetto triennale e se i milioni di euro allocati fossero sei, per esempio? D’accordo che le spese per gli investimenti necessari per realizzare i progetti saranno escluse dal patto di stabilità, ma cosa può spendere un comune italiano piccolo o medio, ancora strozzato dagli strascichi dei tagli? In bocca al lupo Bella Addormentata Mantova! (MB)

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