Categorie: Il fatto

Muri invisibili e così reali

di - 30 Settembre 2015
Belfast città libera, ma ancora “murata”. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando nel 1970 furono installati i primi “divisori per la pace” (che bella immagine di fratellanza!) che dovevano separare cattolici e protestanti.
Oggi che il centro irlandese non ha più questa necessità, però, il problema sussiste: sono ancora cento i muri che sopravvivono imperterriti nel tessuto urbano, e non v’è alcun piano politico, e formale, per abbatterli.
Il risultato? Per certi versi la città è ancora divisa, come invece non lo è più Berlino, dove tutta la popolazione scese in strada per liberarsi dalla divisione tra Est e Ovest.
A Belfast invece i muri sono ancora “interfacce”, e il Governo dell’Irlanda del Nord ha promesso di rimuoverli solamente entro il 2023. Un numero di anni considerevole, e che per certi versi destinerà ancora per lungo tempo una vera e propria divisione tra le aree del centro e le periferie dove non è arrivata una gentrificazione che, stavolta viene proprio da dirlo, sarebbe un toccasana.
Perché forse colmerebbe le differenze tra religioni, economie e anche i piccoli problemi quotidiani di una città, come il traffico e la viabilità in genere.
Chi tirerà fuori, insomma, Belfast da queste zone d’ombra, senza una chiara proprietà e senza un controllo legislativo, visto che attualmente pare che l’opposizione di un singolo residente possa essere sufficiente a mantenere lo status quo?
Gli odi in città continuano, perché di questo si tratta, anche se ci sono giovani e intere comunità che a ridosso dei muri hanno piantano giardini e coltivano orti, ma si tratta sempre di iniziative dal basso, senza supporti politici senza un’idea di territorialità unitaria.
La percezione è che dietro i muri ci si possa ancora sentire al sicuro, nascosti da una strana cortina di individualismo collettivo. E proprio per questo Belfast ha qualcosa da raccontarci, ovvero che i muri sono più faticosi da abbattere di quanto si pensi, specialmente quando diventano simboli trascurati di un tempo che non esiste più: un monito che l’Europa oggi unita (e divisa fino a 25 anni fa) avrebbe dovuto imparare da tempo. (MB)

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