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in fumo | È deciso: si vive!

di - 12 Marzo 2008
Misurare il dolore è un compito difficile. Ancor più faticoso è dare forma e corpo alla depressione, ai tormenti, agli incubi e alle angosce di certi artisti. Uomini assai poco comuni. Prendiamo ad esempio Paul Gauguin e Vincent Van Gogh, vittime loro malgrado della propria genialità. Due anime sensibili, maltrattate e abbandonate perché conoscessero da vicino solitudine e povertà. Ma chi dei due ha sofferto di più? Forse “il genio vestito di piaghe, il re del dolore a olio su tela, il maestro dell’acquerello e lacrime su carta“. No. Non si tratta del pittore olandese. Almeno secondo Marcello Jori.
Non si tratta di Vincent Van Gogh a cui tutti pensano quando si pronuncia la parola dolore. Ma del suo amico Gauguin, ingiustamente collocato in seconda posizione della graduatoria del soffrire artistico“. Due citazioni tratte dal libro illustrato da Jori e edito da Coconino Press, È deciso: si muore!. Non un romanzo né un fumetto né una graphic novel né una biografia. Impossibile catalogarlo. Meglio parlare di libro illustrato, appunto. O di una “predicazione”, come recita il sottotitolo. Un omaggio da artista ad artista. Un saggio poetico ed estremo, partecipato e carico d’ammirazione. Un’opera complessa che Jori, grande maestro per l’uso di parole e pennelli, ha scritto e disegnato perché fosse letta, recitata, raccontata. La scelta del linguaggio aperto e di una predicazione illustrata che non ha precedenti da mettere a confronto è ciò che ci si aspettava dal ritorno al fumetto di Marcello Jori.
Lui, lo sperimentatore, è artista completo. Insieme a Mattotti, Carpinteri, Giacon, Brolli, Igort (che ha ritrovato proprio alla Coconino come direttore editoriale) e altri, negli anni ‘80 ha contribuito a fare grande il gruppo Valvoline. Tra sperimentazioni, suggestioni e citazioni che trovavano nelle avanguardie storiche la prima ispirazione, Valvoline ha stimolato lo sviluppo della nuova cultura del fumetto attraverso l’elaborazione di forme espressive ricche di felici contaminazioni. Purtroppo il gruppo si scioglie con la chiusura di riviste come “Alter Alter” e “Frigidaire”. Ma gli artisti sopravvissuti al decennio oscuro che ne seguì sono riusciti ugualmente a lasciare un segno. Jori, più noto come pittore e romanziere (indimenticabile anche tra i bambini il suo Gigi Tempesta, reperibile in molte biblioteche delle scuole medie come valida alternativa a Gian Burrasca), oltre che illustratore e fumettista è anche designer.
Tutto questo conferma l’amore che Jori nutre per l’arte, in qualunque forma si esprima. Un amore che si traduce in questo tributo a Gauguin. Un solo grande capitolo che racconta gli ultimi anni dell’artista. La fuga da Parigi e la conseguente nostalgia, le lunghe notti di Tahiti, il tentativo di suicidio, la realizzazione di grandi opere e stralci di un carteggio che ravviva la figura dell’uomo-artista, la sua fine (anzi, la liberazione) avvenuta ad Atuana, nell’arcipelago delle Isole Marchesi. Jori dipinge Gauguin come un martire, un Gesù crocifisso su una tela da pennelli gocciolanti. Sopra la sua testa la sigla P.P.R.P. (Pavulvus Pariginus Rex Pictorvm). Lo vediamo nudo e malato. Lo vediamo vomitare sulla montagna dove pensava sarebbe morto. L’empatia si estremizza con l’invenzione di una lettera scritta dall’autore al maestro e con l’individuazione dei tre picchi di dolore nella vita di Gauguin (l’abbandono della moglie, la negazione degli amici e il rifiuto di critici e colleghi) che lo porteranno a scrivere E’ deciso: si muore!.
L’intreccio dei registri e l’espressività violenta degli acquerelli di Jori -che strappano la poetica di Jean-Michel Folon per rigurgitarla restituendo all’uso del colore nuovi significati visivi- vanno ben al di là delle aspettative del pubblico cui il lavoro è destinato. Quest’opera è per tutti. Per gli studiosi e gli amanti dell’arte, per i lettori di fumetti, per i poeti e gli studenti. Anche perché Jori sa scrivere. Lo fa bene. E le parole, liberate dal vincolo dei balloon, scorrono leggere e sfumate, a tratti impercettibili. Parole scritte coi pennelli, con la stessa consistenza liquida dell’acquerello. Una scelta che rende il libro intraducibile in altre lingue. Anche per questo unico.
Lo stesso non si può dire di Gradimir Smudja, che sempre per passione ha scelto invece di raccontare una strana vicenda della vita di Van Gogh. L’artista serbo, emigrato nel 1982 e ora residente in lucchesia, ha raggiunto la notorietà proprio grazie all’uscita dell’albo Vincent e Van Gogh (Grifo Edizioni). Una biografia romanzata poco attinente al reale. Un’opera di fantasia nella quale il vero autore dei quadri di Van Gogh è un piccolo e turbolento felino di pelo rosso e per questo rassomigliante al pittore olandese. Quasi come fosse un alter ego. Quello folle e geniale. Molto simile al gatto con gli stivali, solo più violento e meschino.
Nonostante il forte accento ironico, surreale e anche un po’ grottesco, la storia scorre meno fluida delle vignette. Le carenze nei testi e nella sceneggiatura sono compensate da straordinarie illustrazioni che scorrono in una sequenza di richiami e rimandi pittorici. Smudja, pur mantenendosi fedele alla sua pittura, sfrutta a pieno l’acquerello coprendo ogni spazio e marcando visibilmente luci e ombre con i colori e lo stile degli impressionisti. Le citazioni si sprecano: da Rembrandt a Delacroix (secondo il gatto Vincent dipinti dai suoi avi) fino a Picasso, Monet e Gauguin, i cui quadri sarebbero -secondo il racconto- opera di un pappagallo.
In questo volume, in vendita perfino al Van Gogh Museum di Amsterdam, il pittore ha una limitata espressività e viene presentato come un uomo inetto e privo di qualsiasi talento. Mentre il Gauguin visto con gli occhi di Smudja, che non sembra neppure lontano parente di quello tormentato e poetico di Jori, rischia di confondere l’immaginario dei lettori meno preparati. Del resto si tratta pur sempre di un fumetto. E l’attinenza al reale diventa solo un pretesto per narrare una piccola grande storia di fantasia.
Tutto questo, comunque, è solo l’inizio di un genere. Anche se lavorando di fantasia c’è già chi ha trovato ispirazione rivisitando il mondo dei grandi artisti. L’ultimo esempio in ordine di tempo è Chi vuole uccidere Picasso? (di Nick Bertozzi, edito da Guanda): un thriller di inizio secolo i cui protagonisti sono appunto Pablo Picasso, Georges Braque, Erik Satie, Guillaume Apollinaire, Henri Matisse e lo stesso Paul Gauguin.
Ebbene, mentre Smudja ha già pubblicato un altro omaggio alla pittura con Le Bordel des Muses nella quale si rievoca la vita tormentata di Henri de Toulouse-Lautrec, Marcello Jori porterà avanti il suo progetto con la Coconino Press realizzando altri quattro volumi dedicati ad altrettanti artisti molto diversi tra loro. Picasso, Modigliani, Andy Warhol e Frederic Edwin Church.

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gianluca testa


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 48. Te l’eri perso? Abbonati!

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