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in fumo_interviste | Luca Enoch

di - 17 Ottobre 2005

Da Sprayliz a Gea: ci sono differenze fra i giovani dei tuoi fumetti e quelli reali?
Penso proprio di sì. I miei giovani sono le fantasie di un quarantenne che pensa in modo giovanile. In realtà io non rincorro il mondo dei giovani perché so che sarebbe una battaglia persa in partenza.

Perché?
E’ una galassia che si evolve continuamente in tante forme, dal vestiario ai comportamenti. Quindi è inutile pensare di poter scimmiottare qualcosa che sia veramente un ritratto dell’universo giovanile. Le storie che scrivo e disegno sono le mie invenzioni riguardo a un’idea che ho della personalità dell’adolescente, che è quella che mi interessa perché ancora non è formata e non ha trovato il suo posto all’interno della società. Perciò è affascinante da descrivere.

La libertà, tema frequente nei tuoi lavori, è un bene ambito da tutti. Che cos’è per te la vera libertà?
È la libertà d’espressione. È poter scrivere le storie che voglio raccontando le vicende dei personaggi che preferisco. È un concetto che si riflette poi in coloro che raffiguro: sia per Sprayliz che per Gea la libertà è più anarchia, proprio per il fatto di non avere un posto ben definito nella società, essendo personaggi che ancora non accettano imposizioni né nel bene né nel male. Queste situazioni possono portare anche a difficoltà esistenziali e quindi, anche in questo caso, la libertà è potersi esprimere come fa Sprayliz con i suoi graffiti e murales. Come fa Gea cercando di esprimersi al livello artistico musicale, non riuscendo. E come faccio io nelle mie storie.

Hai colto dell’adolescente il segno forte, l’ambiguità di questa battaglia culturale portata avanti dai tuoi personaggi. Pensi sia questa la direzione che prenderanno i teen agers di oggi?
Non lo so. Negli adolescenti di oggi vedo anche molto conformismo, anche se è lo stesso che c’era quando ero io il teen ager. Come ti ho detto, a me interessano perché non sono personalità formate e quindi possono prendere molte direzioni diverse, a seconda di ciò che gli accade o dell’esperienze che possono vivere.

Il mercato dei fumetti è attualmente dominato in gran parte dai manga giapponesi, anche in Italia. Considerando le differenze culturali, consideri il tuo lavoro in concorrenza con quel tipo di modello?
No, siamo proprio due mondi differenti. E anche l’editoria italiana, a parte che io mi esprimo con una casa mainstream come la Bonelli, non ha alcun punto di contatto con il pubblico che segue i manga o è comunque affezionato ai personaggi nipponici. Questi mondi non si compenetrano, anche se alcuni miei lettori trovano delle corrispondenze nei fumetti giapponesi, magari qualche sensibilità grafica o tipologia narrativa. Ma sono punti di contatto abbastanza aleatori che però alcuni fumettofili colgono e apprezzano.

Parliamo adesso dell’Italia, più precisamente di riviste di successo del passato su cui hai lavorato. Penso ad esempio all’Intrepido. Ci sono ancora i presupposti per successi editoriali simili?
Quando sono arrivato io, in realtà, l’Intrepido era in crisi e Sauro Pennacchioli stava provando l’ultimo tentativo di rinvigorire una grande testata che aveva avuto il suo momento di gloria un ventennio prima, finendo per imbastardirsi e trasformarsi nell’Intrepido Sport. Si provava a riportare il contenitore originale della rivista in auge, adottando un taglio un po’ aggressivo del genere fumetti per ragazzi cattivi. Allora furono lanciati autori un po’ in erba, come me, che non avevano mai lavorato fino a quel momento a livello professionale, permettendo loro di farsi conoscere, di farsi le ossa. Se parliamo del successo delle riviste contenitore di quindici anni fa, come anche l’Eternauta e Corto Maltese, non penso che al momento ci siano i presupposti di mercato per poterle rilanciare. Ma la storia, quindi anche la storia del fumetto, è fatta di corsi e ricorsi, quindi magari può darsi che fra cinque anni tornino di moda riviste di questo tipo, che comunque erano vere palestre per i giovani disegnatori.

Nei tuoi fumetti si riconosce quello che in Giappone chiamano il “Lolita complex”, o no?
Conosco il “Lolita complex”: il fumetto giapponese è pieno di queste ninfette assolutamente acerbe, ma con connotazioni sessuali molto esplicite. La mia Sprayliz non è una ninfetta, ma una sedicenne assolutamente esclusiva, nelle sue esperienze. Gea? Fino a un certo punto non ci pensava neppure al sesso e girava in canottiera e mutandine semplicemente perché non aveva voglia di vestirsi. Non c’è un atteggiamento vouyeristico. Anche se l’evoluzione dei personaggi che io faccio crescere porta, a un certo punto, a un’iniziazione sessuale. Certo, a volte faccio vedere, anche con piacere, alcuni particolari piccanti. Ma il vouyerismo non mi interessa.

Nel tuo lavoro si nota una grande attenzione ai valori sociali e utilizzi una sorta di messaggio etico in continua evoluzione. Ti rivolgi solo ai giovani?
Non ho le idee ben chiare per quanto riguarda il target di pubblico: mi seguono sia i quindicenni che i miei coetanei, quindi diciamo che la forchetta è abbastanza amplia. Cerco di non mettere un messaggio didascalico Inserisco invece i miei interessi e le mie posizioni nei confronti della società, che si riflettono nelle storie senza pretese etiche: quando Sprayliz mette sotto gli skin heads questo non è un messaggio, ma il mio desiderio di vedere il neo fascismo schiantato dal ridicolo.

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Luca Enoch

stefano giuntini

bioLuca Enoch nasce a Milano il 12 giugno del 1962, è sposato con Anna e ha due figlie: Isabella e Elena. La sua carriera inizia quando, terminato il Liceo Scientifico, si dedica all’attività di grafico e illustratore, sia editoriale che pubblicitario. Il suo esordio fumettistico avviene nel 1990, al Convegno Internazionale del Fumetto e del Fantastico di Prato, dove vince il primo premio grazie ad una storia intitolata Raptus. Nel luglio del 1991 esordisce sul numero 10 di Fumo di China con una storia cupa intitolata Eliah, cui farà seguito un secondo episodio. Nel giugno del 1992 pubblica una storia intitolata Berserk sul numero 6 dell’Intrepido. Sul numero 14 inizia invece la saga di grande successo intitolata Sprayliz e che godrà poi, per 11 mesi, di una sua testata edita dalla Star Comics. Per l’ Intrepido crea anche Piotr; per la rivista Action pubblica poi Ninja Boy e Skaters (che riapparirà poi su L’isola che non c’è). Nel 1995 si aggiudica il premio di Fumo di China come miglior autore completo, mentre a Sprayliz vanno i premi di miglior personaggio e di miglior testata; questo avvenne proprio, ironia della sorte, mentre la Star Comics decideva di chiudere l’albo. Nel 1996 viene premiato anche dalla rivista If, durante la manifestazione Cartoocomics come promessa del fumetto italiano. Per Sergio Bonelli Editore lavora poi a Legs Weaver e nel 1999 gli viene offerta l’opportunità di creare la nuova testata dedicata all’adolescente Gea, pessima suonatrice di basso e riluttante cacciatrice di demoni. Continuerà a proporre Sprayliz per l’editore indipendente fiorentino Comics & Dintorni. Una curiosità: Enoch non è un nome d’arte ma il suo vero cognome, che viene dritto dall’Antico Testamento, dall’omonimo patriarca biblico padre di Matusalemme.

[exibart]

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