Categorie: in fumo

in fumo_recensioni | L’eredità del colonnello

di - 5 Maggio 2010

La vita di Elvio Guastavino scorre su tre livelli. La cupa
e squallida monotonia legata al lavoro impiegatizio al ministero e la cura dell’anziana
madre invalida si accompagnano al ricordo imperituro della figura violenta e
oppressiva del padre, capitano dell’esercito (promosso colonnello dopo la
morte) e al malato e spassionato amore per una bambola di antiquariato che
incarna la fanciulla da salvare. Un’esistenza inquietante, puzzle di elementi
marci, che affonda le radici in un drammatico passato, ferita ancora aperta
nella storia recente dell’Argentina.
L’eredità del colonnello
infatti non è altro che un’allegoria
fosca e perversa legata al regime dittatoriale di Videla, instaurato dal 1976
al 1983 e conclusosi con l’inutile bagno di sangue della guerra delle Falkland,
e da questo spaccato storico pesca a piena mani per realizzare il suo quadro di
disperazione e squallore umano. Un quadro dove l’eccidio e la tortura sono il
pane quotidiano e si riflettono sull’esistenza del protagonista, Elvio,
testimone nella sua infanzia e adolescenza del gioco del padre, esperto
torturatore di “nemici del popolo”, che fa pratica delle sue abilità sulle
bambole prima di passare agli esseri umani. E questo gioco prende piede anche
nella mente di Elvio, che si ritroverà, grigio e inutile cinquantenne, a voler
salvare una “principessa di porcellana” dalla vetrina di un antiquario ebreo. Una
storia malata, tragica, senza una speranza né una salvezza.

A un primo approccio, Elvio potrebbe sembrare un
burattino, un guscio d’uomo trasportato da eventi più grandi a cui non può
contrapporsi per un’indole remissiva e vigliacca, ma le ombre e gli angoli bui
dell’animo di questo piccolo uomo aumentano con lo svolgersi della trama. Al
pari di un gorgo che lento erode le fondamenta dell’apparenza, la storia aspira
via ogni elemento verso una catarsi finale totalmente distruttiva e senza uno
spiraglio di luce.
Il merito di questo quadro va ovviamente a Carlos Trillo,
sceneggiatore di livello assoluto, che ben sa calcare la mano e togliere il
respiro al lettore, offrendogli un opprimente carico di bestialità e
perversione, quasi voglia soffocarlo con questa narrazione malata. Ma l’intuizione
dell’autore argentino va ben oltre la mera evoluzione del protagonista. Ciò che
Trillo racconta è realtà. Ciò che è riportato in queste pagine non è un’esasperazione
surreale, ma una variazione sul tema, sulla follia e la violenza che hanno
macchiato la storia argentina. Un carico oppressivo, tangibile, un pugno
diretto allo stomaco di chi ancora non sa e non vuole comprendere cosa abbia
vissuto il popolo sudamericano con gli oltre 30mila desaparecidos che pesano
ancora sulla sua coscienza.

Il tratto di Lucas Varela aiuta ancor di più nella
raffigurazione di questa epopea grottesca e tragica grazie a personaggi
caricaturali, quasi buffi nel loro incedere quotidiano e perfetti nei loro
exploit sanguinolenti, quando la maschera dell’apparenza scivola via facendo
trapelare orrore e perversione.
Una lezione di storia e di tragedia umana. Un canto
liberatorio e di dolore proferito su un campo di cadaveri. Un’ennesima prova di
prodotto d’autore da destinarsi all’archivio della memoria, perché mai nessuno
dimentichi l’efferatezza dell’animo umano e di quanto la storia sia macchiata
dalla crudeltà insensata.

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matteo benedetti

la rubrica in fumo è diretta da gianluca
testa


Carlos Trillo & Lucas Varela – L’eredità del
colonnello
Coniglio, Roma 2009
Pagg. 96, € 14
ISBN 9788860632241
Info:
la scheda dell’editore

[exibart]


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