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in_fumo | Andata e ritorno da Comic City

di - 13 Novembre 2006

Il maestro Will Eisner definì il fumetto un’arte sequenziale. Estremizzando la sua teoria non sarebbe del tutto sbagliato considerare anche la nostra vita una storia a fumetti: il presente come narrazione e i ricordi come flashback. Qualcuno l’ha fatto. Molto prima che Eisner teorizzasse la sequential art. Nel 1918 l’autore di The Spirt (vedi anche i box ‘bolle’ in basso) aveva un anno di vita, e sulle pagine del Chicago Herald Tribune Frank King pubblicava per la prima volta la striscia Gasoline Alley, lontano antenato delle invadenti telenovelas che popolarono gli anni ‘80. Il protagonista Walt Wallet allora era poco più che ragazzotto. Oggi è “uncle Walt”, un nonno ultracentenario. La longevità di Gasoline Alley è ovvia conseguenza del consenso dei lettori del tempo, futuro pubblico televisivo. I linguaggi possono dunque evolversi compiendo intrecci, sovrapposizioni ed incroci. Si adeguano ai cambiamenti sociali e alle esigenze di espressione e di mercato. La fluidità e l’immediatezza della narrazione nella letteratura a fumetti ha fatto sì che tutte le arti si avvicinassero al fumetto per reinterpretare, adattare e comunicare a fasce di pubblico sempre nuove. La prima vera contaminazione è con il cinema. A cominciare da Flash Gordon. Fra serie tv e grande schermo, i film tratti dal fumetto cult di fantascienza creato da Alex Raymond sono sei. Il primo, diretto da Frederick Stephani, è del 1936. Vale però la pena ricordare la pellicola di Mike Hodges (1980, con musiche dei Queen) che meglio rappresenta le ambientazioni di Mongo. Seguono decine e decine di adattamenti. Dai più noti supereroi (Batman, Superman, Spiderman, Capitan America, X-Man e Hulk, solo per citarne alcuni) a serie storiche (Star Wars) fino ad arrivare a fumetti quasi sconosciuti al grande pubblico (Thank Girl, La leggenda degli uomini straordinari e il più recente V for Vendetta, entrambi tratti da storie di Alan Moore).

Impossibile archiviare l’argomento senza dire che: primo, sono soprattutto le major americane a produrre pellicole di ispirazione fumettistica traendone indubbi vantaggi economici (riconosciamo che l’impegno finanziario di partenza debba essere consistente: far esplodere un’intera città, su carta, non costa nulla; ma sul set è tutt’altra cosa…); secondo, raramente gli adattamenti rispettano la natura dei personaggi. Ad esempio la 29th Century Fox ha pensato bene di annacquare l’Uomo Invisibile di The League of Extraordinary Gentlemen tralasciando particolari come lo stupro in massa di suore che si crederono possedute da Dio. Poi accade che pessimi adattamenti riscuotano enorme successo in sala (è il caso de I Fantastici 4) e che pellicole fedeli e di straordinaria fattura ricevano invece tiepida accoglienza (come Sin City di Frank Miller, imperdibile).
Il rapporto con la tv è invece più legato ai cartoon, anche se grande successo hanno riscosso negli anni ’70 e ’80 serie televisive come L’incredibile Hulk, Wonder Woman e l’esilarante Batman in versione trash interpretato da Adam West. Memorabili la pancetta del supereroe (poco super e poco eroe) e le onomatopee schiaffate in sovraimpressione (sbang! stupm! flash!…). Tralasciando le note produzioni Disney e i cartoni più recenti (con una menzione speciale per Leo Ortolani, che oltre agli spot per la Protezione Civile ha concesso i diritti di Rat-Man, approdato in versione animata sulla Rai), ricordiamo il nome di Secondo Bignardi. Colui che dopo aver realizzato numerosi cartoni animati per Carosello ha fatto nascere con Supergulp – Fumetti in TV (in collaborazione con Guido De Maria, padre dei nanetti della Loacker) le prime serie televisive a cartoni animati per la Rai.
Per affinità di linguaggio il fumetto sale anche sul palco, a teatro. Nel 1967 i Peanuts di Schultz diventano addirittura un musical. Tradotti in prosa anche Pompeo di Andrea Pazienza, la Pimpa di Altan (autore che continua a dedicarsi al teatro con la realizzazione di scenografie) e Lupo Alberto (su iniziativa del Quartetto G).
Perdippiù, poi, ci sono scrittori, come Niccolò Ammanniti, che si prestano al fumetto (“Fa un po’ male”, Einaudi, adattamento di Daniele Brolli e disegni di Davide Fabbri). Ma questa sarà storia per un altro articolo.

gianluca testa

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 33. Te l’eri perso? Abbonati!

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