Milano Ponte della Ghisolfa, 2025, tecnica mista su carta intelata, cm 40x50
Al centro del nuovo libro di Silvana Editoriale, a cura di Lorenzo Valentino, c’è l’opera pittorica di Marina Previtali, artista attiva dagli anni Ottanta e formatasi all’Accademia di Brera, che da decenni osserva Milano con uno sguardo insieme incantato e lucido, capace di tenere insieme fascino e disincanto.
Il libro raccoglie una selezione di dipinti a olio dedicati alla città, preceduti da ottantacinque brevi saggi firmati da figure di primo piano della vita culturale, economica e civile milanese. Testi e immagini concorrono così alla costruzione di un racconto corale, in cui Milano emerge come organismo vivo, in continua trasformazione, attraversato da tensioni storiche, sociali e simboliche.
Il ritratto che ne risulta è quello di una città dinamica e pragmatica, da sempre ponte tra Nord Europa e Mediterraneo, capace di accogliere e reinventarsi, ma anche segnata da fratture profonde: dai traumi degli anni del terrorismo e di Mani Pulite, che ne hanno incrinato il mito di “capitale morale” fino alle contraddizioni più recenti legate alla privatizzazione dello spazio pubblico, alla pressione immobiliare e ai processi di rigenerazione urbana che stanno ridisegnando interi quartieri.
In questo contesto, le vedute urbane di Previtali, attraversate da edifici slanciati e linee orizzontali che riconducono lo spazio all’umano, sembrano dialogare idealmente con una certa tradizione della modernità italiana, da Boccioni in avanti, pur mantenendo una distanza critica. Le finestre illuminate, i colori intensi, le architetture in costruzione alludono a presenze invisibili, a una vita che abita la città anche quando non è direttamente rappresentata.
I saggi raccolti nel volume contribuiscono a questo ritratto impressionistico, soffermandosi tanto sulle emergenze storico-artistiche — emblematico il caso del palazzo di Brera, simbolo di una città capace di reinventare i propri spazi — quanto sulle iniziative imprenditoriali e solidali che continuano a definire l’identità milanese. Ne emerge una Milano “fredda dal cuore caldo”, sospesa tra bisogno e desiderio, tra spinta produttiva e vocazione umanitaria.
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