Zanele Muholi. Courtesy of Stevenson Gallery, Cape Town, Johannesburg, and Yancey Richardson Gallery, New York
Dall’esperienza dell’Apartheid alla rivendicazione della blackness fino alla lotta per i diritti LGBTQI, “Somnyama Ngonyama – Ave, Leonessa Nera” di Zanele Muholi racconta le storie di decine di “leonesse” piegate dalla discriminazione. Edito da 24 ORE Cultura, dal 7 ottobre è possibile sfogliare con mano la prima monografia fotografica che ripercorre il lavoro dell’artista sudafricana, costituita non solo da oltre 90 autoritratti fotografici, ma anche da preziosi contributi firmati da numerose poetesse e autrici, rigorosamente donne. Il libro non narra solo di donne, ma di storie di discriminazioni per etnia, genere o orientamento politico, sessuale e qualsiasi altra forma di “diversità” che spesso nella storia è stata fonte di violenze. La bellezza di questo libro non è soltanto in quello che racconta, ma soprattutto in chi lo racconta: sono le vittime di queste sofferenze, persone che attraverso i loro sguardi e le loro pose comunicano con linguaggio universale le loro emozioni interiori.
Il dolore che le protagoniste esternano è così forte da portare Zanele Muholi a filtrarlo al pubblico ricorrendo all’autoritratto. L’autoritratto interiorizza i dolori delle vittime di cui narra e ne amplifica la risonanza sul pubblico. Proprio su questo tema, l’attivista ha dichiarato: «Pur volendo che ci si rispecchiasse in “Somnyama”, era necessario che fosse il mio ritratto. Non volevo esporre un’altra persona a questo dolore». Per l’artista la fotografia è espressione di sé, un mezzo per parlare di dolore e discriminazione, ma anche uno spazio di attivismo politico. Rifacendosi alla lunga tradizione del reportage fotografico, dove la tecnica è in grado di portare in superficie uno sguardo scientifico e reale, Muholi aggiunge uno sguardo che inquieta, commuove e denuncia. Anche l’uso del corpo ha un suo significato, nelle foto spesso si evincono oggetti di uso comune, ripresi però in maniera simbolica e posti in un dialogo serrato con il suo corpo, sempre protagonista.
Tra le collaborazioni più interessanti nel libro vediamo il dialogo con Renée Mussai, accademica e curatrice d’arte, che ha intervistato l’artista sulle sue opere e i loro significati, portando maggiore chiarezza sugli intenti della fotografa.
Oltre a essere una delle voci più interessanti del Visual Activism, Zanele Muholi è stata anche premiata con importanti riconoscimenti internazionali, quali Lucie Award, Chevalier des Arts et Des lettres, ICP Infinity Award, che hanno riconosciuto il suo lavoro per l’impegno artistico e sociale. Il pregio artistico del lavoro di Muholi non è una novità, l’artista vanta infatti nella sua carriera una serie di collaborazioni internazionali con le più prestigiose istituzioni museali, tra cui la mostra alla Tate Modern di Londra, lo Stedelijk Museum di Amsterdam e il Brooklyn Museum di New York.
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