50 lavori sono l’occasione di confrontare direttamente quanto 3 nomi indiscutibilmente fondanti l’arte italiana del passato più prossimo, hanno elaborato nella loro maturità, anche a debita distanza dalla Biennale veneziana del ‘64 che li vide protagonisti e che vide irrompere la Pop Art.
Da quel punto infatti –che forse rappresenta il vero incrocio dei loro destini, come cita il titolo dell’esposizione- le esperienze sembrano articolarsi per vie talvolta ancora legate all’esperienza Pop, talvolta in direzioni molto più intime.
Franco Angeli ancora nella metà degli Anni Settanta riproduce serialmente un simbolo di potere come l’aquila del dollaro (“Half Dollar”, “Frammento”, “E pluribus unum” “Dollar 8”…) inquietante icona di comando delle vite occidentali. Ma nel decennio successivo l’impeto polemico si spegne e sul fondo nero geometrie e immagini quasi bambinesche trovano spazi quasi discreti e silenti (“Senza Titolo” dell’84).
Il fondo nero è la costante anche dei quadri esposti di Tano Festa, per il quale il colore, però, è più invadente, quasi imposto, talvolta come di fretta impegnato ad occupare paesaggi (“Cammelli”,”Guardiani”…) o figure umane (“Cardinale”, i volti del “Senza Titolo” del 1986) che proprio nella loro presenza cromatica acquisiscono la forza di essere rappresentati. O essere semplicemente scritti, come nell’omaggio a Seurat. Non manca un esempio delle sue celebri “Finestre”.
Oltre modo articolata l’esperienza di Mario Schifano, al quale è dedicata la maggior parte dell’esposizione. Nei circa trenta lavori presenti si ha un saggio di quanto ampia sia stata la sua ricerca. Ancora la ripetizione seriale è alla base delle varie “Palma” o “Alberi” qui presenti, così come anche in “Pesci” e nella precedente “Bicicletta” (’74), in cui sfondo e oggetto si danno il cambio nel risaltare o nell’essere ricavati per sottrazione dalla superficie colorata.
L’esposizione è curata da Lucio Maloni e Alberto Sgarro. In catalogo un breve intervento introduttivo di Andrea Scapati.
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La mostra l'abbiamo vista nelle vacanze di Natale. E' piaciuta a tutti, bambini compresi, perché colorata, con figure comprensibili, affascinanti. Il catalogo della mostra è, se possbile, ancora più bello della mostra. Ma, voglio porre una domanda stupida, che ci vuole a fare quei quadri o, comunque la facilità della loro risproduzione non ne abbassa automaticamente l'originalità (e le quotazioni)? Idem dicasi per il Fontana che faceva capolino in Ascoli alla mostra di Chagall e Licini (titolo dell'opera (più o meno) Si è rotto il telefono. Quattro tagli su tela azzurra.)L'insegnamento che io personalmente traggo dalla visione dei quadri semplici (che chiunque saprebbe fare, "i quadri che cce vo' ") è che ognuno può dipingere quallo che vuole. Basta un po' di fantasia, di colori e di poesia (o di trasognatezza come ha suggerito E. Dikinson) .... A tutti saluti e auguri Lita Camaioni
signora mia,
se i capolavori di lucio fontana sono giochetti da bambino, allora l'artista argentino è da considerare ancor più tale solo per il fatto che è riuscito a portare dei giochi a quotazioni spaventose.
Concordo con Andan.
E ci si potrebbe chiedere "come mai l'uomo ci ha messo 30.000 anni per scoprire l'energia elettrica?, in fondo basta premere uno stupido bottone".
Certo, adesso chiunque potrebbe fare dei tagli sulla tela.
E allora perchè nessuno lo ha fatto prima di Fontana?
E poi, copiare non è come creare.
Occorre saper cogliere la portata simbolica di certe cose.
Anche negli angeli e nelle madonne.
Vada un pò a leggere cosa ci sta dietro la Primavera di Botticelli, ne rimmarrà sorpresa.
Spero che questo suo discorso non lo abbia fatto in presenza di quei bambini, perchè vede, la memoria non è un orpello, bensì è un tesoro.
Anche il voto delle donne ora è una cosa lapalissiana, ma, cara signora, solo cinquant'anni fa non lo avrebbe potuto fare.
La vera tragedia dei nostri giorni è la smemoratezza, che sfocia in superficialità e provoca danni deprecabili.
In ultimo le vorrei chiedere, perchè lei oggi non ci propone la novità artistica che ci sarà fra cento anni?
Eppure, fra centouno anni, persino un bambino saprebbe riprodurla.
Poveri bambini, di oggi.
Ciao, Biz.
La considerazione vale anche per Picasso? e per Vedova? e per Burri? e per quanti altri? Dopo la scoperta del fuoco un tizio mentre si riscaldava disse:in fondo che ci vuole? Basta sfregare due legnetti:anche mio figlio sarebbe capace. Saluti.