Beeple, Regular Animals, 2025. Courtesy of Art Basel.
Se i bianchi stand delle gallerie sono l’unità di misura di Art Basel Miami Beach — giunta oggi al suo terzo giorno di apertura — due sezioni ne diventano le anomalie, almeno in apparenza. Da un lato, c’è l’ormai consolidata Meridians, che ospita opere fuori scala: imponenti installazioni ambientali, sculture monumentali e video che non potrebbero esistere all’interno della geometria standardizzata di uno stand. Dall’altro, abbiamo la grande novità dell’edizione 2025: Zero 10, una sezione a cura di Eli Scheinman dedicata ad arte digitale, intelligenza artificiale e sistemi generativi, che si propone come piattaforma per consultare — e testare — il futuro dell’immagine.
In Meridians quest’anno trovano spazio 18 progetti che rappresentano una versione “espansa” dello stand: sculture, ambienti immersivi e video-installazioni che mettono in crisi la scala della fiera, più che il suo linguaggio — e forse proprio per questo finisce per rafforzarne l’impianto spettacolare.
Tra i progetti più incisivi di questa edizione, c’è sicuramente VideoSculpture XX (The World 6th Sense) di Emmanuel Van der Auwera: un’installazione a sei canali che mette in scena una riflessione inquietante sulla sorveglianza contemporanea. Le immagini sono proiettate su schermi privati del filtro polarizzante dall’artista, diventando così quasi invisibili a occhio nudo. Lo spettatore è costretto a muoversi nello spazio, a inclinare il corpo, a cercare l’immagine attraverso una serie di pannelli che trasformano la visione in un atto frammentario e instabile.
Molto amata dal pubblico è invece l’installazione Pénétrable (1992) di Jesús Rafael Soto: un enorme cubo sospeso realizzato con tubi di PVC bianchi: un lavoro che, come suggerisce il titolo, può essere attraversato dallo spettatore e che perciò invita al movimento e alla partecipazione.
Zero 10 guarda invece altrove: non allo spazio fisico, ma a quello computazionale. Il nome della sezione richiama la storica mostra di Kazimir Malevič 0,10, del 1915, che segnò una frattura nell’avanguardia russa. L’eco non è casuale: anche qui si tratta di mettere in scena un momento di rottura dei codici tradizionali. Con dodici espositori —tra piattaforme digitali come Art Blocks, AOTM e SOLOS e gallerie tradizionali come Pace, Nguyen Wahed e Fellowship— Zero 10 presenta tutta una serie di video, sculture, installazioni e opere generate da sistemi algoritmici che interrogano intelligenza artificiale, automazione e nuove forme di produzione dell’immagine.
Il debutto di Zero10 arriva in un momento significativo: secondo The Art Basel & UBS Survey of Global Collecting 2025, il 51% dei collezionisti high-net-worth ha acquistato un’opera digitale nel biennio 2024–2025. Il digitale è oggi la terza categoria di spesa, dopo pittura e scultura, e la sua quota nelle collezioni è passata dal 3% al 13% in un solo anno. Particolarmente significativa la presenza di pionieri come Manfred Mohr, considerato il padre dell’arte generativa, e di artisti del calibro di Lu Yang e di James Turrell. Molto interessante, in questa sezione, è anche il lavoro di Jack Butcher Self Checkout che trasforma transazioni commerciali volontarie in opere NFT, rilasciando uno scontrino, la cui lunghezza varia in base all’importo versato: le scelte economiche, così, diventano tangibili.
Ma se c’è un’opera che, più di tutte, incarna lo spirito di Zero 10, è senza dubbio il chiacchieratissimo recinto di Regular Animals di Beeple (Mike Winkelmann). Qui, in uno spazio costruito ad hoc, si muove un gruppo di cani-robot con teste umane iper-realistiche, modellate su personaggi pubblici come Warhol, Bezos, Zuckerberg e un serissimo Musk nel ruolo di capo branco. Ognuna di queste creature —se così si possono definire— si muove vicino ai visitatori, scatta fotografie, genera immagini e distribuisce NFT sotto forma di premi casuali. I robot sono stati tutti venduti durante la prima giornata di fiera, con un prezzo di 100.000 dollari l’uno.
Dietro il tono ironico, il lavoro mette però in scena una realtà già attiva: macchine che osservano, producono immagini sugli umani e le trasformano immediatamente in valore. Lo spettatore viene inserito dentro un sistema di produzione visiva automatizzata: diventa soggetto, simulazione, archivio e merce allo stesso tempo, in un’economia in cui ogni immagine può diventare dato e ogni dato può diventare denaro. E se lo scetticismo rimane —ed è diffuso— è proprio questo attrito che definisce il campo di queste pratiche. Come afferma il curatore Eli Scheinman: «se il lavoro di questi artisti sfida le regole, significa che sta facendo il suo compito».
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