Una delle novitĂ contenute nella bozza di legge delega per la riforma fiscale riguarda il settore dellâarte, piĂš specificatamente quello dei collezionisti. Tale novitĂ vuole andare a colmare il vuoto normativo introducendo una disciplina impositiva ai fini IRPEF ad oggi assente, al fine di tassare le plusvalenze generate dai collezionisti dâarte con intento speculativo. Nellâambito di tale vuoto normativo e del conseguente scenario di incertezza, si sono inserite alcune pronunce della Cassazione che, al di lĂ del mercante dâarte professionale, hanno distinto la figura del âcollezionistaâ â che acquista le opere per scopi culturali, incrementare la propria collezione e possedere lâopera senza lâintento di rivenderla generando un plusvalore â da quella dello âspeculatore occasionaleâ, il cui acquisto è preordinato allo scopo di successiva rivendita per ricavarne un utile. In base a tale distinzione, operata in via interpretativa ed in assenza di una norma specifica, il collezionista non sarebbe soggetto ad alcuna tassazione allâatto della vendita di unâopera, mentre lo speculatore genererebbe âredditi diversiâ derivanti da unâattivitĂ commerciale non esercitata abitualmente, pertanto imponibili ai fini IRPEF.
PoichĂŠ la riforma fiscale si prefigge, quale obiettivo ultimo, la semplificazione e la razionalizzazione dellâordinamento tributario e la maggiore certezza del diritto, nel disegno di legge è stata inserita una specifica previsione impositiva sulle plusvalenze conseguite, al di fuori dellâattivitĂ dâimpresa, dai collezioÂnisti di oggetti dâarte, di antiquariato o da collezione e delle opere dellâingegno di carattere creativo appartenenti alle arti figurative. Tuttavia la bozza di norma prevede specifiche cause di esonero da tassazione, escludendo i casi in cui è assente âlâintento speculativoâ, incluse le plusvalenze relative a beni acquisiti per successione o donazione, i quali verrebbero sarebbero anche esonerati da ogni forma dichiarativa di carattere patrimoniale. Lâiniziativa è senza dubbio apprezzabile e per certi versi necessaria, in quanto volta a chiarire quella che si è dimostrata, a tutti gli effetti, una âzona grigiaâ nella normativa fiscale, in grado di esporre i contribuenti ad interpretazioni piĂš o meno discrezionali e disomogenee da parte dellâAgenzia delle Entrate e dei Giudici tributari.
Concretamente, la disposizione costituirĂ la cornice entro cui il Governo â in qualitĂ di legislatore delegato â dovrĂ definire in maniera puntuale i criteri di tassazione, attenendosi a tre principi:
Quindi, la riforma fiscale sembrerebbe comportare unâimponibilitĂ generalizzata delle plusvalenze realizzate dai collezionisti, fatta eccezione per le ipotesi in cui manchi lâintento speculativo. Al di lĂ dei beni acquisiti per successione o donazione, sarĂ necessario individuare criteri obiettivi e chiari per rintracciare lâintento speculativo, evitando analisi soggettive sulla componente âpsicologicaâ del contribuente.
Evidentemente, determinare la presenza dellâintento speculativo sarĂ la sfida piĂš ambiziosa per il Governo, visto che il leitmotiv del disegno di riforma è costituito dai principi di certezza del diritto, semplificazione e razionalizzazione della normativa fiscale. Considerando le peculiaritĂ del mercato dellâarte, sono vari i criteri cui si potrebbe fare ricorso, anche attingendo alla tradizione domestica e alle esperienze di altri paesi. Ad esempio, la previsione di un orizzonte temporale (come era in passato in Italia ed è attualmente previsto in alcuni Paesi europei) potrebbe rispondere allâesigenza di fare riferimento ad un presupposto di immediata percezione. Inoltre, potrebbe attribuirsi rilievo anche alla frequenza con cui il contribuente, anche se privo di una qualsiasi organizzazione imprenditoriale, pone in essere operazioni di compravendita. Si eviterebbe cosĂŹ di penalizzare chi occasionalmente si ritrovi a cedere unâopera eseguendo una mera dismissione patrimoniale, senza alcuna finalitĂ speculativa. Diversamente, non sembra invece cogliere nel segno il criterio spesso valorizzato dallâAgenzia delle Entrate, basato sulle attivitĂ di âvalorizzazioneâ dellâopera portate avanti dal relativo proprietario (si pensi alle spese per il restauro o per la conservazione), le quali dovrebbero prescindere dalla volontĂ di una (eventuale) futura rivendita.
Oltre allâindividuazione dei soggetti incisi, il Governo dovrĂ considerare anche altri profili degni di attenzione. SarĂ infatti necessario determinare con precisione le modalitĂ di calcolo della base imponibile e, quindi, del âvalore fiscalmente riconosciutoâ dellâopera che si intende vendere. In merito, un criterio analitico che tenga conto, oltre che del prezzo dâacquisto, anche delle spese di conservazione e degli oneri accessori connessi sia allâacquisto che alla cessione sarebbe certamente il piĂš âfedeleâ alla realtĂ , ma comporterebbe oneri di natura documentale di non poco conto. Diversamente, a beneficio della semplicitĂ , potrebbe prevedersi un metodo di determinazione forfetaria della plusvalenza, alla stregua di quanto avviene in Francia. Meritevoli dâattenzione, inoltre, sarebbero anche gli impatti della novella sulle operazioni permutative. Infatti è prassi assai diffusa tra i collezionisti quella di alienare opere ricevendone altre in cambio, non solo tra privati, ma anche con operatori professionali quali le gallerie dâarte. In conclusione, se verrĂ confermata lâattuale bozza di norma, il Governo sarĂ chiamato ad un compito complesso ed ambizioso. Lâauspicio è che si prediliga un approccio concreto e tangibile, in grado di colmare il vuoto normativo stabilendo con precisione e chiarezza i criteri applicativi della nuova disposizione. Solo in questo modo, infatti, si raggiungerebbe lâobiettivo di avere maggiore certezza, eliminando le âzone grigieâ entro cui possano continuare a svilupparsi orientamenti amministrativi e giurisprudenziali non sempre prevedibili.
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