Così accade che in un paesino di 1200 anime del mantovano, Ponti sul Mincio, troppo distante dal Lago di Garda per goderne del flusso turistico, lontano dai grandi centri di Verona e Mantova, una piccola Associazione Culturale che prende il nome de “Il Castello” dalla rocca che sovrasta il borgo, mette in piedi una piccola mostra dal grande fascino.
In un’epoca dove sembrava perso qualsiasi dialogo tra gli artisti, troppo individualisti e piegati alle leggi del mercato (salvo poi criticarle ampiamente), lì si sono incontrati due artisti, Mimmo Rotella (Catanzaro 1918) e Paolo Leonardo (Torino 1973), divisi da una generazione, uniti dall’attrazione per il manifesto come strumento principe del fare artistico. Alberto Fiz li ha fatti incontrare, hanno finito per dialogare da soli, così come fanno, naturalmente, le opere esposte a Ponti. Fiz si è adeguato, si è messo quasi in disparte e ha lasciato al grande Rotella il compito di fare il critico. Ne esce un gustoso dibattito sulle problematiche legate al manifesto che coinvolgono due pensieri diversi dell’arte. Dalla visione delle opere nasce spontaneo un intrigante confronto: mentre Rotella procede “in levare” alla maniera di Michelangelo, liberando dalla materia (marmo=manifesto) ciò che vi è imprigionato, Leonardo invece utilizza la pittura per nascondere quello che è di troppo, svelando la sua verità. Per entrambi lo scopo è andare oltre la pittura. Rotella persegue provocatoriamente l’esaltazione dell’immagine e del messaggio pubblicitario, come espressione dell’aspetto edonistico della società contemporanea, volto all’azione più che alla contemplazione. Lo strappo rappresenta il gesto dell’artista di riappropriarsi dell’immagine e del messaggio, rapirlo dal mondo e poi riconsegnarlo mutato. Attraverso lo strappo (decollages) Rotella crea nuove immagini e le colloca in un altro spazio; il suo operare supera la decontestualizzazione, il puro ready made, il riutilizzo. Egli non cambia il ruolo del manifesto, il messaggio impresso, piuttosto lo fa proprio e lo rende unico, creando l’opera d’arte e caricandola di una sacralità che richiama l’eternità dell’icona musiva bizantina.
Leonardo pure si riappropria dell’immagine ma mira a reinventarne il segno del messaggio; per lui la pittura è lo strumento fisico, ancora umano, che consente di liberare i corpi imprigionati nel manifesto, affrancarli e riconsegnarli intatti nella loro umanità. “La pittura … diventa quasi una sorta di rito per purificare la visione”, dice Leonardo. Di qui le larghe campiture di colore increspato che lasciano affiorare le figure, bagnate e rese pure nel fiume sacro della pittura. Lo spazio intorno le figure non è mai piatto, le increspature significano una crosta terrestre che cela e contiene il magma, il caos pulsante; ma da quella sorgente cromatica affiorano solo corpi, ora malinconicamente raccolti, ora sofferenti, ora invece fluttuanti a manifestare gratitudine per il loro liberatore.
Mostra: “Oltre la pittura”, Ponti sul Mincio (MN), Sala delle Colonne, dal 13/05/2000 all’11/06/2000. Orari: giovedì e venerdì 16.00-20.00; sabato e domenica 10.00-20.00 (altri giorni su appuntamento). Ingresso gratuito. Catalogo col patrocinio del Comune di Ponti sul Mincio con intervista a cura di Alberto Fiz. La mostra è realizzata in collaborazione tra l’Associazione Culturale “Il Castello” e la galleria Massimo Carasi Arte Contemporanea, via S. Longino 1/b, 46100 Mantova. Tel. e fax 0376/363248. E-mail: carasi-massimo@libero.it
Alfredo Sigolo
[exibart]
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