Dopo Daniele Puppi, Vedovamazzei e Adrian Paci, è ora la volta di Sislej Xhafa(Peja, Kosovo 1970), in mostra alla Gamec di Bergamo con un progetto inedito dal titolo Heavy Metal, una profonda e al tempo stesso ironica riflessione sul dolore umano e sugli avvenimenti che lo generano.
Opposite 1 (2001, foto qui a lato), nella prima sala, è una teca di cristallo che conserva al suo interno la prima pagina di un quotidiano cinese su cui è raffigurato uno degli eventi sinora più terribili del XXI secolo: la tragedia americana dell’11 settembre. Un documento incomprensibile, scritto in ideogrammi orientali, mostra in realtà un avvenimento che ha scosso l’umanità intera senza distinzione di razza e religione. Di qui l’ambiguità, l’opposizione del titolo: le barriere multiculturali, la diversità dei linguaggi, le informazioni mediate, trovano la loro sintesi nello sgomento, nell’inquietudine e nel senso di dolore, che accomunano tutti gli uomini del mondo quando accadono eventi imprevedibili, frutto di odio e violenza. Ecco quindi che la fotografia pubblicata dal quotidiano cinese, che riporta un desolato skyline newyorkese al tramonto, tra fumi e vapori di morte, diviene il simbolo della precarietà della situazione umana e della fragilità nei rapporti fra Oriente ed Occidente e, in generale, fra esseri umani.
La seconda sala ospita una videoproiezione, Radio Maria (2002, foto sotto), altra riflessione sul tema del dolore, in questo caso sulle manifestazioni esteriori che lo segnalano. L’artista filma ironicamente l’ingresso di un qualsiasi ospedale, che con le sue porte scorrevoli, si apre per accogliere pazienti, amici e parenti. Un
Una lucidità priva di orpelli che trova piena espressione nel linguaggio asciutto e minimale di Xhafa: giusto e sbagliato, positivo e negativo, chiaro e scuro (proprio come l’atmosfera delle due stanze che ospitano il lavoro dell’artista) sono le facce ineluttabili di una stessa medaglia.
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Il sito della Gamec di Bergamo
cinzia tedeschi
mostra visitata il 18 settembre 2002
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Straordinario l'artista, straordinario il pezzo. Anche se la mostra poteva essere un pò più "discorsiva".