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fino al 2.II.2008 | Carla Cerati | Milano, Antonia Jannone

di - 30 Gennaio 2008
Di Avedon si riconoscono i contrasti marcati dei chiaroscuri, di Man Ray i tratti rigonfi delle muscolature, di Brandt le deformazioni ottiche, mentre di Weston rimane traccia in alcune rigidità, nelle espressioni, nelle pose dei corpi. I nudi esposti da Jannone parlano di un presente venuto da un passato, da un periodo che ha bisogno di venire un po’ lasciato da parte per essere poi ripercorso e nuovamente approfondito, attraverso la storia della rappresentazione oggettiva. E questo solo per calarsi con la giusta prospettiva all’interno di quella specifica parte della fotografia che è rimasta centrata sull’organismo umano e sulla pelle, sempre alla ricerca di una propria sessualità. Quella conquista mai scritta né delineata che, però, conta più di mezzo secolo di ritratti e avvenimenti storici.
In mostra non c’è nulla che un occhio ben allenato non abbia già visto. In questo caso, chi osserva dovrà quindi rimanere a guardare senza compiere riferimenti diretti né fare capo a soffocanti citazioni manieriste; solo allora, con lentezza, affioreranno i profili ricamati e impressi sulla celluloide. Ogni corpo apparirà poco a poco, come un esercizio di determinazione, una delimitazione frontale dello spazio compositivo. Una visione altra che delicatamente apre gli occhi di chi guarda, portandolo ad atterrare con infinita precisione sulle circonferenze plastiche e sulle geometrie ammorbidite del corpo femminile.
Le fotografie di questa personale dedicata a Carla Cerati (Bergamo, 1926; vive a Milano) sono quasi una trentina. Sulla parete d’ingresso sono appese le uniche immagini a colori, corpi sfocati, appena appoggiati all’inquadratura della macchina fotografica. Questi scatti sottratti, forse scampati al bianco e nero sembrano volumetrie astratte, pennellate altere e verticali all’interno delle quali si distinguono seni, gambe e cosce virati al magenta. Arti ammorbiditi che emergono dal nero denso dello sfondo. Ogni fotografia, anche se ben stretta all’interno di un passepartout, non manca di mostrare i segni del tempo. Del proprio, ormai indistinguibile, tempo. Pagliuzze in punti specifici dei corpi, retinature nelle zone di luce e alcune macchie all’interno dei profili rendono l’immagine meno nitida, meno “croccante”.
Rappresentare le urgenze del presente, spostando la macchina sulle anse dei corpi, per Carla Cerati è diventato un gesto meditativo, senza alcuna intenzionalità strategica o speculativa. Per la fotografa d’adozione milanese, negli anni ‘70 fare click e adattare lo sguardo al proprio scatto, alla pienezza che un soggetto-oggetto come il nudo restituiva, aveva un significato preciso.

Quel significato che, attraverso la riproduzione formale della realtà, traccia un cerchio sacro all’interno di conflitti e tradizioni. Quelle stesse catene che, ancora oggi, stratificate distorcono e riducono il malfrequentato orizzonte del corpo-donna.

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mostra visitata il 25 gennaio 2008


dal 15 gennaio al 2 febbraio 2008
Carla Cerati – Nudi
a cura di Paolo Morello
Galleria Antonia Jannone
Via Garibaldi, 125 (zona Garibaldi) – 20121 Milano
Orario: da lunedì a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0229002930; fax +39 026555628; antoniajannone@tiscalinet.it; www.antoniajannone.it

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