A tre anni dall’ultima personale, Maja Vukoje (Düsseldorf 1969, vive a Vienna) torna da Cannaviello e non sembra più la stessa. Più che di uno scambio di ruoli, o di un fisiologico spostamento dell’obiettivo di ricerca, la causa sembra imputabile al mezzo prescelto. Perché “per vantare strategie visive efficaci e stare al passo della concorrenza dei nuovi media, la pittura stravolge continuamente i suoi codici facendo del cambiamento uno dei suoi codici genetici” (dal testo di Gianni Romano per la mostra Puppen, 2001).
Ma cosa è cambiato? Permane quello che è un suo tratto distintivo: la rappresentazione leggiadra e fantasmatica della figura umana, che invece di campeggiare su uno sfondo neutro, si trova immersa in corpose masse pittoriche. I paesaggi sono però inondati di un vivo, talvolta fluorescente, cromatismo, mentre i personaggi appaiono come sagome flebili grazie alle dolci sfumature dello spray.
L’orizzonte si sposta lontano, una linea che si perde sul fondo, paventando un’atmosfera post-atomica che ricorda i deserti futuribili di cui spesso ci ha parlato la fantascienza. Esplorando questo tipo di realtà, capita di incontrare inquietanti personaggi come nani (Senza Titolo – Draft), bambini sopravvissuti a chissà quali disastri (Senza Titolo – Surveyor) e persino un elegante chauffeur in attesa, su un’autostrada verso il nulla (Senza Titolo – Twister).
In queste opere però, non è rintracciabile un unico percorso al quale ascrivere, sia dal punto di vista tematico che dal punto di vista tecnico, l’intero corpus. Insieme al panorama sopra descritto si trovano alcuni pezzi che si distaccano completamente dai tratti che definivano i precedenti.
In questi ultimi infatti una preparazione ben stesa, praticamente monocromatica, fa da sfondo a scene di accento primaverile, che descrivono la comunicazione uomo-natura. Dai piccoli animali, lepri o marmotte, che posti nel loro ambiente naturale si affiancano dolcemente, alle orecchie di bambini in atto di sussurrare, ai solitari eremiti che si spostano tra i cupi verdi di una foresta pluviale.
A completare la mostra alcuni delicatissimi disegni in punta di matita. Che pur non avendo la compiutezza, la definizione e ovviamente il colore delle tele, costituiscono un eccezionale rimando evocativo ad una realtà trasognata.
claudio musso
mostra visitata il 22 settembre 2006
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Meravigliosa Maja.....
Maja in discesa libera? Verso l'autodistruzione?
Mostra banale e scontata... mi aspettavo di più da lei... tra le altre cose vederla in qualche collettiva importante o mostra all'estero.
Ma i galleristi lavorano per l'artista o pensano solo ad alleggerirci il portafoglio?
Le promesse non ci bastano più...