“I bimbi son fantastici. Fanno il contrario di tutto. Dicono no per puro spirito di contraddizione. Sono contrari a prescindere“. Le parole di Luciana Littizzetto, che introducono in catalogo la mostra di Armida Gandini, spiegano bene come la giovane artista bresciana non si serva dei bambini per offrire un ritratto (più o meno convincente) dell’infanzia, ma per parlare attraverso la loro psicologia e il loro mondo. L’infanzia viene usata come maschera, perché, come le maschere del teatro greco, consente all’artista di accentuare, potenziandone l’efficacia,
I filtri dell’infanzia e della favola introducono una prima distinzione di livelli, fra finzione e realtà, presente e passato. Tema chiave diventa allora la memoria, più precisamente la memoria fotografica degli album di famiglia, da cui affiorano tutti i bambini di Armida. Il passato emerge con l’attestato di realtà dato dalla fotografia, ma anche con un’aura di irreale accentuata dall’isolamento della figura sullo sfondo trasparente del vetro, e dal suo interagire con un disegno a carboncino ora sommario e schematico (Non faccio magie, 2003) ora quasi scenografico (Non sono una signora, 2003), ma sempre ‘altro’ rispetto alla natura della fotografia stampata su acetato.
domenico quaranta
mostra visitata il 4 ottobre 2003
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