Categorie: Mostre

‘In metamorfosi’: Marta Roberti alla Z2O Sara Zanin Gallery, Roma

di - 21 Dicembre 2021

Fino al 5 febbraio 2022 la Z2O Sara Zanin Gallery ospiterà la personale romana dell’artista Marta Roberti “In metamorfosi”. La mostra riunisce opere recenti, riconfigurate per questa occasione, e due serie di lavori realizzati nell’ultimo anno: S’io mi intuassi come tu t’inmii e Lotus goddesses. La prima è la serie attorno a cui ruota la mostra. Questi lavori sono realizzati su carta dello Yunnan per essere successivamente ricamati su stoffa con il tradizionale punto a catenella tipico del Kashmir. Infatti, per una commissione dell’Istituto Italiano di Cultura di New Delhi e con la supervisione dell’esperta di tessitura indiana Paola Manfredi, i disegni sono attualmente in corso di lavorazione in India. Il mese di febbraio prossimo vedrà l’esposizione di questi arazzi presso l’IIC di New Delhi.

Marta Roberti, In metamorfosi, curated by Cecilia Canziani, installation view of the third, ph. Giorgio Benni.

L’idea di metamorfosi secondo Marta Roberti

S’io mi intuassi come tu t’inmii è un verso tratto dalla Commedia di Dante (Paradiso IX, 81), la traduzione potrebbe essere: se io potessi penetrare in te, capire te, percepire te con la stessa empatia che ti fa penetrare in me. «Questa frase meravigliosa mi è sembrata esprimere poeticamente l’idea di metamorfosi che è al centro di tutti i lavori. Ho preso alla lettera l’insegnamento darwiniano, comprendendo lo statuto metafisico della sua teoria dell’evoluzione: la vita non è altro che un processo di metamorfosi intraspecifica dove ogni specie è la metamorfosi della precedente. Ogni creatura, portando in sé tutte le altre è dunque una specie di zoo mobile». Quindi, un’idea di metamorfosi che vede l’umano e l’animale coinvolti in un rapporto interattivo e di interspecificità, spiega Marta Roberti. A partire da sé, l’artista ha ripensato l’iconografia degli animali che popolano i tre Canti della Commedia: creature mitologiche e zoomorfe femminili.

Lucifera

La reinvenzione è ancora la chiave di lettura per le metamorfosi della serie Lotus goddesses, secondo gruppo di opere realizzate per la mostra. Però, in questo caso ad essere reinventate sono le divinità femminili induiste, simbolo di un dualismo allo stesso tempo malefico e benefico. Per l’artista il mito è un punto di partenza che lega contemporaneamente la sua ricerca e la materia dei suoi lavori. Proprio grazie al mito ci viene trasmessa un’idea del femminile che è depositario di una preziosa conoscenza caratterizzata dalla trasformazione, dalla fluidità e quindi dalla metamorfosi.

Marta Roberti, Arpia (Inferno XIII), 2021.

Marta Roberti: un disegno in trasformazione

Mezzo principale della ricerca dell’artista è il disegno, che di volta in volta si declina in installazioni e video animati. Così, Marta Roberti esplora le relazioni tra Oriente e Occidente focalizzando sui miti e rielaborandoli attraverso la rappresentazione. Attraverso l’utilizzo della carta copiativa, l’artista realizza immagini che si formano contemporaneamente su due superfici. Inizialmente usata per la riproduzione in più fotogrammi da rimontare in un’animazione, questa tecnica per Marta Roberti è diventata la preferita per intervenire sul foglio. In questo modo, la carta copiativa è matrice e opera, l’uno e il suo doppio. I lavori stessi di “In metamorfosi”, incarnano l’idea di questo concetto. Infatti, a loro volta saranno rimaneggiati da ricamatori e tessitori: un disegno in trasformazione, immagini che si tramandano nel tempo. Un passaggio che la curatrice Cecilia Canziani descrive come naturale, con «una smisurata fiducia nella possibilità metamorfica dell’immagine».

Marta Roberti, Se io miintuassi... La minotaura, 2021, pastello ad olio su carta dello Yunnan, cm180x150more
Marta Roberti, In metamorfosi, curated by Cecilia Canziani, installation view of the third, ph. Giorgio Bennimore
Marta Roberti, In metamorfosi, curated by Cecilia Canziani, installation view of the third, ph. Giorgio Bennimore
Marta Roberti, In metamorfosi, curated by Cecilia Canziani, installation view of the third, ph. Giorgio Bennimore

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