Kristina Inčiūraitė, “Spinsters” (fermo video), 2003. Courtesy dell'artista
Da AlbumArte, la riflessione sul gender diventa occasione per indagare il riflesso della figura femminile. Con l’opera di Kristina Inčiūraitė, “Reflecting Women”, a cura di Benedetta Carpi De Resmini, è riflessione e riflesso su/di una figura troppo spesso abusata, discriminata e violata attraverso la sua stessa fisicità. È questo il motivo per cui, attraverso le sale, la figura femminile non compare come corpo, ma si esprime piuttosto attraverso gesti, emozioni e soprattutto attraverso le sue voci. Il riflesso di questa figura nello specchio potrebbe generare un’immagine distorta – come suggerisce la curatrice – , ed è per questo che l’osservazione si connota di percezioni più che di fisicità. Prendono forma immagini difficilmente scevre dalle considerazioni che l’iconografia femminile assorbe nella società contemporanea; il suo ruolo, tra problematiche politiche e sociali, viene continuamente riconsiderato e strumentalizzato.
L’assenza corporea è sostituita da un suono mai uguale nell’installazione Desertification (2016), il ‘deserto sonoro’ dove immagine e suono coesistono. Il materiale fonoassorbente riproduce le dune, mentre il video monocanale concorre – insieme al suono – a generare spaesamento. Si tratta di un suono elettronico che attraverso un algoritmo non si genera mai uguale, diventando così sempre differente: spiazza, ma è allo stesso tempo piacevole. Una distorsione elettronica che prende forma a partire da Tala’ al-Badru ‘Alayna, la canzone musulmana – qui ridotta a vibrazioni di bassa frequenza – che costituisce glorificazione di Maometto, il profeta che in tarda età sposò Aisha, bambina dall’età di nove anni.
Anche in Spinsters (2003), non è la fisicità della figura femminile a essere mostrata, ma piuttosto i suoi “umori”, attraverso dettagli sfuggenti – eppure precisi – di una quotidianità tutta al femminile. Così Kristina Inčiūraitė volutamente evita che la figura di spalle si palesi, lasciando allo spettatore la facoltà del dubbio, consentendo solo alle fine di scardinare la convinzione che la donna di spalle sia un’anziana.
In June (2015) i due canali del video presentano in qualche modo il luogo e l’oggetto dell’opera documentario sperimentale in 18 minuti, The Echo of a Shadow (2015). Il luogo è la località di Tianducheng, la città fantasma nella periferia di Hangzhou, mentre l’oggetto è un grillo intrappolato in un barattolo, concettualmente assimilato alla figura femminile. Imprigionata e debilitata, relegata a consumatrice passiva destinata ad occupare i retroscena di una vicenda tutta concentrata al maschile, la figura femminile muove letteralmente i tasselli, che in The Echo of a Shadow sono le scatoline contenenti gli insetti in vendita al mercato di Wanshang Huaniao a Shanghai, in Cina.
Creato in collaborazione con Latitudo e lo Studio di Kristina Inčiūraitė, il progetto è stato promosso dall’Ambasciata della Repubblica di Lituania in Italia e realizzata grazie al supporto del Lithuanian Council for Culture, i-Portunus (progetto selezionato e finanziato da Creative Europe Programme) e Lithuanian Culture Institute.
La «lucida, e alcune volte spietata, analisi del contemporaneo» per definirla con le parole della curatrice, è così in mostra attraverso il suo stesso riflesso (distorto) da Album Arte, fino al 26 ottobre.
Veronica Cimmino
Mostra visitata il 12 settembre 2019
Dal 16 settembre al 26 ottobre 2019
AlbumArte
Via Flaminia, 122. Roma
Info: info@albumarte.com – www.albumarte.com
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